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L’Italia schiava

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L’Italia paga un pesante contributo per partecipare alla UE, senza ricevere in cambio il giusto. E come se non bastasse, deve sottostare ai diktat assurdi e chinare la schiena per farsi perdonare da funzionari nominati dai banchieri, che per il loro tornaconto in soldoni hanno creato da quest’accozzaglia di stati un’unione finanziaria. Diventa difficile comprendere perché i nostri governanti, pur protestando e lamentandosi, si ostinino a starci dentro senza far saltare il tavolo. 
 

Si tratta di una palese contraddizione che si regge in piedi con una misera scusa, cioè che in un grande mondo globalizzato essere soli significa essere niente. Ma non è così: uno stato diventa una nullità quando in casa propria non è libero di fare la politica economica che più gli si addice. Se almeno i nostri partiti del pensiero unico, che nel loro interno hanno parolai debosciati, inetti e quant’altro ci dicessero senza alcuna reticenza cosa davvero ci nascondono dietro il loro masochismo politico, sarebbe già un passo avanti.
 
Un tempo, con la nostra liretta fluttuante eravamo competitivi sul mercato commerciale, ora invece con questa moneta troppo forte (che iniziò il cammino al pari con il dollaro ed oggigiorno si trova ad un rapporto di 1,39), i nostri prodotti non sono convenienti ed il nostro PIL cala inesorabilmente perché siamo un paese esportatore. Obama può fare la voce grossa, ha ridotto la disoccupazione al 6,4% ed è ormai autosufficiente con il gas (grazie allo Shale ottenuto con la triturazione delle rocce) e Putin può dire alla Ue “fate ridere”.
 
A noi invece (senza fonti di energia) sono rimasti solo gli occhi per piangere. Continuiamo pure a farci male con questa classe dirigente miope e pavida che non è in grado di fare scelte coraggiose ed efficaci, seguitiamo a genufletterci ai banchieri che ci trattano come zimbelli senza né corpo né anima, agonizzando in Europa. I patti sono fatti per essere rotti diceva Stalin, e forse aveva ragione, anche se ci rediamo conto che raccontare la politica è una cosa, farla è un’altra .

Giuseppe Franchi, Naa

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Di Redazione Elzeviro.eu

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