In Bolivia, la polizia ed i militari si sono rivoltati contro il legittimo presidente, Evo Morales, appena rieletto alla guida del suo Paese da democratiche elezioni.
Autore: Gilberto Trombetta
Comprendere la loro etero-direzione, ed i perché di essa, non è impresa complicata. Lo stesso Presidente, vedendo la mancata lealtà da parte delle forze dell’ordine, aveva affermato la sua disponibilità ad indire nuove elezioni, affinché fosse il popolo a decidere – nuovamente – la propria guida politica. Ma ciò non è stato sufficiente: i militari hanno preteso di più, e Morales è stato costretto a piegarsi al colpo di Stato, rassegnando le proprie dimissioni.
«Il peggior nemico dell’umanità è il capitalismo statunitense. È esso che provoca sollevazioni come la nostra, una ribellione contro un sistema, contro un modello neo-liberale, che è la rappresentazione di un capitalismo selvaggio. Se il mondo intero non riconosce questa realtà, che gli stati nazionali non si occupano nemmeno in misura minima di provvedere a salute, istruzione e nutrimento, allora ogni giorno i più fondamentali diritti umani sono violati».
L’autore di queste parole è proprio Evo Morales, il quale – come appena detto – stato costretto a dimettersi in seguito al solito colpo di Stato appoggiato dagli Stati Uniti. Morales è stato presidente della Bolivia per tre mandati consecutivi, dal 22 gennaio 2006 fino alle dimissioni forzate di ieri.
Durante la sua presidenza le condizioni di vita delle fasce più povere della Bolivia sono migliorate come mai prima. Si tratta di uno dei Governi di maggior successo per gli oppressi di un Paese.
Il PIL pro capite reale della Bolivia è cresciuto del doppio rispetto a quello dell’America Latina e dei Caraibi (LAC) dal 2006. La crescita media annua pro capite reale nelle economie LAC è stata dell’1,6% all’anno dal 2006, mentre il PIL pro capite reale della Bolivia è cresciuto in media del 3,2% (come sottolineano i grafici tratti da Bolivia’s Economic Transformation: Macroeconomic Policies, Institutional Changes, and Results).
L’inflazione interna relativamente bassa combinata a un consistente aumento dei salari minimi ha migliorato il potere d’acquisto della stragrande maggioranza dei cittadini boliviani. I salari vengono negoziati ogni anno tra il governo e i sindacati. Nel 2018, il salario minimo reale (adeguato all’inflazione) era più che raddoppiato dal 2006, con un aumento del 140% dopo la correzione dell’inflazione.
Il costante aumento del potere d’acquisto dei boliviani
attraverso un aumento dell’occupazione, salari reali più elevati e trasferimenti pubblici ha contribuito a ridurre il tasso di povertà (misurato in base al reddito). Il tasso di povertà è inferiore al 35% (in calo dal 60% nel 2006) e il tasso di povertà assoluta è del 15,2%, rispetto al 37,7% del 2006).
Insomma, la popolazione boliviana lo ha rieletto per un motivo molto preciso: ha saputo risollevare il Paese da una condizione estremamente difficile, aiutando la popolazione tutta. Però, proprio per questo motivo Morales risultava indigesto tanto al grande potere finanziario internazionale quanto a quello militare degli Stati Uniti, che da tempo immemore considerano l’America Latina come il loro “giardino di casa“.
Una spina nel fianco in meno gioverà loro sicuramente: ma non alla democrazia boliviana, non ai diritti sociali della popolazione. Per la quale la previsione – almeno a breve termine – potrebbe essere un governo liberale e filo-atlantico sul modello cileno: privatizzazioni, deprezzamento del lavoro ed austerità. Le stesse che stanno scatenando rivolte in diversi Paesi del Sud America. Le stesse il cui modello Morales ha saputo combattere e vincere.
Revisione ed impostazione grafica: Lorenzo Franzoni
Leggi anche: