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Cui prodest?

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PALERMO – Da circa quindici giorni gli studenti delle superiori sono in agitazione prenatalizia.

L?occupazione a Palermo, come in tantissime altre città d?Italia è iniziata un po? in sordina, ma poi ha decisamente preso forza, e allo stato attuale a Palermo risultano occupati circa 25 licei.

Le motivazioni reclamate dai collettivi studenteschi sono sostanzialmente di tipo politico: si oppongono al governo Letta “delle larghe intese”, e poi di tipo amministrativo economico scolastico.

I motivi di ordine politico lasciano il tempo che trovano, nel senso che la maggior parte degli italiani non è contenta del governo italiano.

Le altre motivazioni possono essere in parte condivisibili, ma anche queste alla fine sbordano nel pantano politico attuale.

Un esempio per tutti; la mancanza di un piano edilizio per le scuole, spesso ospitate in condomini adattati a un uso pseudo scolastico, con una situazione delle aule, dal punto di vista della pulizia e della sicurezza, penosa.

Altra motivazione sono le richieste per i libri scolastici gratis, la gratuità dei trasporti che a detta degli studenti contribuisce ad aumentare il fenomeno della dispersione scolastica.

In Italia, parlare di scuola o più in generale d?istruzione, è come tentare di descrivere quello che conteneva il vaso di Pandora.

Per cominciare della mancanza di fondi che costringe i presidi a non intervenire con la nomina di un supplente, nel caso in cui il titolare della cattedra si assenti, se non per almeno 15 gg.

E così gli studenti vagano, escono dalle scuole in attesa che passi l?ora per poi rientrare.

Naturalmente tutto questo provoca anche gravi perturbazioni all’interno del corpo docente.

Torniamo all’occupazione attuale. A chi giova tutto questo? Agli studenti sicuramente no.

Ai collettivi politicizzati sì.

Molte di queste occupazioni sono state decise da pochi ragazzi che non rappresentano la maggioranza degli studenti.

In sostanza una protesta inutile.

Occorre ricordare che il testo unico sulle leggi della pubblica istruzione, il decreto legislativo n. 297 del 1994, all’art. 74 prevede che, per la validità di un anno scolastico, occorrono almeno 200 giorni di effettive lezioni. E’ evidente che, laddove nei giorni da computare in questo calcolo, non venissero considerati quelli nei quali gli allievi non entrano in classe o, caso più grave, occupano la scuola, il Ministero potrebbe valutare la possibilità di annullare l’anno scolastico.

In questo marasma per gli studenti che voglio studiare, per le famiglie e per la collettività che investe ogni anno nell’istruzione, pagando le tasse e gli stipendi del personale scolastico tecnico e docente; dov’è la voce del Ministro alla pubblica istruzione, la Prof. Carrozza?

Tace, di un silenzio irreale.

Sig. Ministro, l?istruzione passa anche dalla scuola dell?obbligo, dai licei; non solo dall’Università, già martoriata con tabelline di valutazione la cui veridicità è ancora tutta da dimostrare e che il mondo accademico comincia finalmente a criticare.

Alla fine, sono fermamente convinto, tutto finirà in una bolla di sapone, un po? di vacanze per i facinorosi studenti politicizzati e in un bagno di studio per recuperare il ritardo accumulato, rispetto al programma, di cui gli studenti ai quali sta a cuore il proprio futuro, dovranno farsi carico.

Cui prodest scelus, is fecit. “Lucio Anneo Seneca”

Giuseppe Morello

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Di Redazione Elzeviro.eu

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