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Scoperti in Australia i due crateri che avrebbero provocato l’estinzione dei dinosauri

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E’ di pochissimi giorni fa la notizia che durante una trivellazione condotta nell’Australia centrale per scopi di ricerca geotermica, un equipe di ricercatori guidati da Andrew Glikson dell’Australian National University hanno scoperto, ad una profondità di circa due chilometri nella crosta terrestre, i resti di due enormi crateri del diametro ognuno di circa duecento chilometri. Questi crateri immensi sarebbero stati in grado di estinguere gran parte della vita sul nostro pianeta e quindi forse potrebbero aver causato la stessa estinzione dei dinosauri.

 

Una scoperta che ha del sensazionale perché l’asteroide o la cometa che avrebbe provocato tali profonde cicatrici e che prima dell’impatto probabilmente si ruppe dividendosi in due, è forse la più grande che sia mai precipitata sulla terra. Dalle prime stime infatti risulta che tale gigante doveva avere inizialmente un diametro non inferiore ai venti chilometri. L’impatto avvenuto nell’Australia centro meridionale, non lontano da dove ora si trova la città di Melbourne, scatenò con molta probabilità un’esplosione di energia pari a svariati milioni di megatoni in grado di azzerare quasi del tutto la vita sul nostro pianeta.

 

Se pensiamo che la potenza scatenabile dai due arsenali nucleari di Russia e Stati Uniti messi insieme sarebbe pari a poco più di 100.000 megatoni, c’è da rimanere allibiti. Sarebbe quindi proprio questo enorme asteroide ad aver forse causato l’estinzione dei dinosauri e non solo di loro, nel periodo del Cretaceo-Terziario, il cosiddetto evento K-T. Dagli studi condotti in questi anni dai vari studiosi di geologia e astronomia sappiamo che la terra negli ultimi 540 milioni di anni è stata colpita da almeno cinque mega disastri che avrebbero causato altrettanti fenomeni di estinzione di massa. Sappiamo che, prima dell’evento K-T, si sarebbe verificato nel periodo Permiano-Triassico, circa 250 milioni di anni fa, un altro catastrofico evento che avrebbe provocato l’estinzione del 90% di tutte le specie viventi presenti sul pianeta. A questo riguardo l’equipe del professor Glikson non è ancora in grado di stabilire con esattezza se il terrificante impatto che causò i due enormi crateri in Australia sia da identificarsi con quello del Permiano o con quello del Cretaceo ma di sicuro fu il più potente tra tutti quelli che si sarebbero abbattuti nella lunga storia della Terra.

 

Si sono fatte anche diverse stime degli effetti catastrofici che un simile evento potrebbe scatenare a livello planetario, effetti talmente devastanti che il nostro pianeta impiegherebbe non meno di 30 milioni di anni per riprendersi e…ritornare al punto di partenza. L’impatto di un’asteroide o di una cometa grande almeno dieci chilometri, oltre alle conseguenze immediate derivanti dal violento impatto, come la devastazione di migliaia di chilometri quadrati di territorio, terrificanti terremoti e tsunami inimmaginabili, porterebbe micidiali conseguenze negli anni a venire.

 

In primis ci sarebbe quello che gli esperti chiamano inverno nucleare, ovvero una notte continua della durata di almeno dieci anni con una diminuzione di almeno 18 gradi della temperatura per i primi 9-12 mesi. A causa di questa prima conseguenza si verificherebbe poi l‘arresto della sintesi clorofilliana e il conseguente blocco a salire della cosiddetta catena alimentare. In queste condizioni, con una nube generalizzata di acido solforico sospesa nella stratosfera, ci sarebbe tutta una serie di reazioni a catena che forse lascerebbero in vita soltanto alcuni microrganismi dotati di una resistenza maggiore rispetto al resto delle specie presenti sulla superficie del pianeta. Gli esseri viventi, compresi quelli acquatici, sarebbero quindi destinati a scomparire nel lasso molto breve di qualche mese, con il pianeta a fare da testimone muto e inconsapevole ad una  carneficina generalizzata, lenta e inesorabile.

 

I due crateri, oggi non più visibili perché affondati al di sotto del livello dell’attuale superficie terrestre, sarebbero una sorta di cicatrice riscontrabile a causa della presenza a livello geologico di grandi quantità di “suevite“, una roccia formata in parte da materiale che, in seguito all’impatto di un corpo celeste, si è prima fuso e poi risolidificato vetrificandosi. Quello che spaventa sono appunto le dimensioni dei due enormi squarci: se pensiamo infatti che il famoso cratere dell’Arizona, il Meteor Crater, già di per sé di dimensioni incredibili, misura “soltanto” 1200 metri di diametro con una profondità di 170 metri, ci facciamo un’idea almeno approssimativa di come dovessero presentarsi i due crateri australiani, ognuno dieci volte più grande di quello americano. Ma soprattutto ci possiamo fare un’idea di cosa cadde sulla testa dei nostri poveri antenati quadrupedi, un “mostro” roccioso con un diametro pari alla distanza che c’è tra il centro di Roma e la città di Ostia. Gli studiosi, seguendo l’andamento di un particolare asteroide, il 1959 DA, di dimensioni notevoli e considerato tra quelli pericolosi, dicono che questo “bel sassolino” dal nome assai poco poetico, avrebbe buone possibilità di colpirci il 16 marzo del 2880. Grazie al cielo non ci saremo più né noi, né i nostri figli, né i nostri nipoti. 

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Di Roberto Crudelini

Nato nel 1957. Laureato in Giurisprudenza, ha collaborato con Radio Blu Sat 2000 come autore e sceneggiatore dei Giornali Radio Storici, ha pubblicato "Figli di una lupa minore" con Rubettino, "Veni, vidi, vici" e "Buona notte ai senatori" con Europa Edizioni e "Dai fasti dell' impero all'impero nefasto" con CET: Casa Editrice Torinese. Collabora con Elzeviro.eu fin dalla sua fondazione, nel 2011.

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