Attacco della coalizione internazionale a guida statunitense sulla roccaforte dell’Isis in Siria proprio mentre mancano due giorni alle elezioni presidenziali.
Un’offensiva di tali dimensioni non veniva avviata infatti dal lontano 2011.
Ora gli Stati Uniti hanno deciso di dare una sferzata decisiva al Califfato anche sul territorio siriano, a Raqqa, loro roccaforte storica. Ieri in una conferenza stampa ad Ain Aissa, a 50 chilometri da Raqqa, Jihan Cheikh Ahmad, comandante curdo delle Forze Democratiche Siriane, ha annunciato l’avvio dell’operazione “Wrath of the Euphrates” (“Collera dell’Eufrate”), che prevede l’impiego di 30.000 uomini, di cui 25.000 provenienti dall’YPG (Kurdish Popular Protection Units) e supportata dall’aviazione americana.
Ha parlato anche Brett McGurk, responsabile americano della coalizione internazionale anti-Isis, dicendo così: “La campagna di Raqqa si articolerà in diverse fasi. Ci sarà una fase di isolamento che comincerà oggi e ci sarà una fase successiva che garantirà la cacciata di Daesh da Raqqa, e questo accadrà sicuramente“.
Parole perentorie.
Stupisce anche la disarmente rapidità con cui gli Stati Uniti hanno cercato e probabilmente ottenuto il “non intervento” della Turchia in questa operazione. C’è stato infatti un incontro preventivo a porte chiuse, come riportato dalla BBC, tra Joseph Dunford, Generale dei Marine Corps, e il Generale turco Hulusi Akar per assicurarsi che la Turchia non interferisca sulle operazioni portate avanti dalle forze curde (in netta preponderanza tra le fila dele Forze Democratiche Siriane).
Due offensive decisive nel giro di tre settimane, entrambe pilotate da Washington. E’ una situazione sicuramente eccezionale nello scenario mediorientale, che finora non ha visto grosse operazioni militari portate avanti dagli Stati Uniti.
Anzi possiamo ricordare l’ultimo maldestro intervento targato stelle e strisce del 16 settembre 2016, quando l’aviazione americana uccise “per errore” 62 soldati appartenenti all’esercito regolare siriano.
Stupisce e non poco la concomitanza tra il lancio di queste due offensive e la corsa alla Casa Bianca, ormai questione di pochi giorni.