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Ora basta: gli Stati Uniti vogliono svendere i nostri ospedali

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Mentre Obama sta preparando una strategia ad hoc per isolare la Russia dal resto del mondo, così da accaparrarsi la fetta di mercato energetico che ne verrà fuori, gli Usa hanno in serbo l’ennesima trovata per arraffare altro bottino.

Nel paese delle “opportunità” non è il presidente a governare, bensì le lobby, che supportano a livello politico le esigenze delle grandi multinazionali americane. Tali colossi dell’economia, che vanno da Coca Cola a Google, necessitano sempre di nuovi consumatori per fare profitto, come la becera ideologia capitalista vuole. Così gli Stati Uniti stanno subdolamente imponendo la ratifica del cosiddetto TISA, Trade in Service Agreement, un trattato che coinvolgerebbe i Paesi che hanno i mercati del settore servizi più grandi nel mondo (Stati Uniti, Unione Europea, Canada, Australia, Nuova Zelanda). Paesi che per intenderci producono il 70% del Pil globale.

Cosa comporterebbe un tale accordo? La liberalizzazione totale di servizi quali comunicazioni, trasporti fino ad arrivare alla stessa sanità. Ma la privatizzazione dei servizi e in particolare della sanità non comporterebbe un miglioramento in efficienza degli stessi? Noi crediamo di no dato che il servizio sanitario si pone come obiettivo la cura dei cittadini, se privatizzato dovrebbe rispondere alle logiche di profitto e quindi trasformerebbe il paziente in consumatore.

A questo punto i cittadini che non potranno permettersi i costi della sanità (che saranno soggetti agli stessi mutamenti dei prezzi del mercato generale) rimarranno senza le dovute cure. Insomma quello che si ostinano a chiamare “libero mercato” in realtà è un “mercato chiuso”, accessibile solo per chi detiene un certo peso economico nella società. Le conseguenze nefaste della ratifica di un simile trattato porterebbero le multinazionali americane ad arraffare quanto più possibile dal mercato sanitario, e non solo, europeo. L’Italia già conosce i risultati quasi sempre negativi derivati dalle privatizzazioni, come quella della Banca d’Italia (che ad oggi ci costringe a non possedere una sovranità monetaria) o come quella dell’Iri, istituto per la ricostruzione industriale, che in un momento di totale crisi industriale servirebbe e non poco per lo Stato italiano. Questo momento storico ci sta perlomeno dando uno spartiacque, una possibilità di scegliere da che parte stare: continuare a sottostare alle obbrobriose politiche americane che ci hanno condotto alla crisi economica più pesante della storia, oppure allargare i nostri orizzonti verso est, verso lidi e valori a noi più prossimi.

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Di Redazione Elzeviro.eu

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