Politica interna

Tutte le insensatezze del ddl Fiano

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Il ddl del deputato Emanuele Fiano sta occupando le prime pagine di quotidiani e notiziari nazionali. Nella sua proposta di legge, che Fiano dice di aver scritto “già due anni fa”, si inasprisce, o si completa a seconda dei punti di vista, la punizione per i trasgressori delle leggi Scelba e Mancino, rispettivamente 1952 e 1993.

Cosa prevede il ddl

Come riportato dal Corriere della Sera la nuova integrazione targata Fiano introduce nel codice penale l’articolo 293bis. Questo articolo, se il ddl passerà al vaglio della Camera, prevede la reclusione da sei mesi a due anni per chiunque propagandi immagini o contenuti del partito fascista o nazionalsocialista tedesco o delle loro ideologie. Nel pratico ciò che diventa punibile e che prima non lo era saranno i gadget del ventennio e il “saluto romano”. Inoltre il ddl introdurrebbe l’aggravante della propaganda via web.

Come riportato da L’Espresso “su internet, secondo la norma, essere fascisti, è di un terzo più grave”. Quella miriade di gruppi e fan page collocabili nell’area nostalgica saranno dunque destinate a chiudere i battenti per non rischiare di incorrere nelle sanzioni penali di cui sopra. A meno che il solerte controllo algoritmico di Marck Zuckerberg non abbia già provveduto a bloccare il contenuto ritenuto “violento e offensivo”.

Anche a sinistra lo criticano

Sull’insensatezza del ddl si è espresso in maniera esemplare l’Espresso, non di certo un portale di destra, che per penna di Fabio Chiusi così scrive “Pubblicare un testo di propaganda fascista diventa dunque reato, anche quando è di interesse storico? Un video su YouTube con i discorsi di Joseph Goebbels – il vero padre della propaganda contemporanea, che andrebbe studiato nel dettaglio, non consegnato all’oblio – è materia da codice penale?”. Legittima obiezione, vostro onore.

Eppure già proprio dalle parole dello stesso Fiano traspare la volontà di oscurare trenchant tutto ciò che possa avere contenuto violento. “Oggi in Europa, in Italia, nessuno si scandalizza per il divieto di propaganda delle idee di morte del jihadismo”, sostiene il deputato. In realtà molti si sono scandalizzati per quest’altro assurdo divieto, sponsorizzato da importanti piattaforme come Sky Tg24.

Che senso avrebbe oscurare i video di propaganda dell’Isis? I video delle esecuzioni et similia? Si tratta di episodi storici. L’Isis stesso fa parte della storia ormai. A torto o a ragione, a secondo del lato della barricata dove ci si trova. Così alla stregua dello Stato Islamico, le ideologie del novecento hanno fatto la storia del secolo scorso. Hanno formato uomini, comunità e nazioni. Si pensi alla Federazione Russa che nonostante settant’anni di regime comunista, con i milioni di internati e giustiziati, tuttora festeggia gagliardamente la vittoria staliniana contro la Wermacht e i nostri alpini.

La storia e non Fiano decide chi vive e chi no

Il ddl Fiano, come appare a noi, è l’espressione della volontà di una persona che per vissuti familiari non può essere obiettiva. Dare in mano un ddl sul fascismo a una persona che ha perso i cari ad Auschwitz è come far scrivere la step-child adoption a Vladimir Luxuria e Nichi Vendola. Oltre però al comprensibile coinvolgimento emotivo di Fiano per vicende che lo riguardano da vicino, si può ravvisare altresì nel suo ddl una certa qual invidia. Rafforzata per altro dalle recenti dichiarazioni della Presidente della Camera Laura Boldrini secondo cui i monumenti del ventennio mettono “a disagio certe persone”.

Invidia verso chi nel bene o nel male (sempre a seconda del lato della barricata) ha scritto la storia e ne è stato protagonista assoluto. Per quanto si possa sbracciare e sbraitare d’altra parte il nome Emanuele Fiano comparirà forse a margine di un qualche insignificante trattato giuridico (sempre se il suo ddl passerà).

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Gabriele Tebaldi

Classe 1990, giornalista pubblicista, collabora con Elzeviro dal 2011, quando la testata ha preso la conformazione attuale. Laurea e master in ambito di scienze politiche e internazionali. Ha vissuto in Palestina, Costa d'Avorio, Tanzania e Tunisia.

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