Il PD come spesso ripetuto dai suoi critici, me incluso, è un partito nato male, malissimo anche se sull’onda della novità delle primarie e la minaccia berlusconiana ha ottenuto un forte risultato il giorno del suo battesimo elettorale: 12 milioni di voti (33%) nel 2008.
Numeri importanti, certo. E tuttavia il PD è nato male perché ha fatto della sua mancanza di identità il suo dna.
In questo partito non si è del resto mai arrivati a un congresso per definire la linea politica, l’orizzonte ideale da raggiungere, i riferimenti culturali da seguire e rinnovare.
È un partito postmoderno, che vive di suggestioni spesso pilotate dai media (europeismo, Sardine, meritocrazia, mantra del privato e della sussidiarietà…), appiattito sul presente e che cerca di definirsi in polemica con la destra e in particolare con la Lega, con la quale ora governa insieme.
incapace di autonomia di pensiero, la cui esistenza è strettamente legata al potere che è condannato ad occupare per darsi un senso politico. Il PD è infatti il partito che è stato più al governo dal momento della sua nascita, quasi 9 anni su 13.
Altro nodo del PD è il suo referente sociale, composto in prevalenza dai ceti cognitivi benestanti, da tempo culturalmente degradati (anche se legati all’università, all’editoria…) e integrati -o che aspirano ad integrarsi – al mondo globale, cosmopolita di cui hanno una conoscenza per lo più provinciale e turistica.
Nonostante le tante eccezioni è prevalentemente il partito dei laureati, anzi della “competenza”, qualità intrinsecamente ostile a tutto ciò che è umanistico e politico.
l’elettorato dei soddisfatti che vivono come progresso l’avanzamento del privato, del classismo, delle privatizzazioni, della flessibilità nel lavoro.
È l’elettorato guidato da élite intellettuali che guardano coloro che provengono dalle classi popolari come a delle scimmie dello zoo, ovvero animali speciali, vagamente rassomiglianti, che abitano in posti pittoreschi, le periferie, i piccoli centri e che passano il tempo a guardare Sanremo o a leggere le riviste che si trovano dal barbiere.
Ora il mondo a cui ha fatto riferimento il PD è in crisi. La globalizzazione ha creato un nuovo proletariato di individui esposti ai movimenti del mercato, privi di protezione sociale e sguarniti di quell’universo simbolico popolare che consentiva loro di percepirsi come membri di una comunità, di una classe legata da una medesima condizione politica.
dell’emiciclo parlamentare dovrebbe dare rappresentanza a questa parte d’Italia. Ma in realtà fa proprio il contrario ed è per questo considerato – giustamente – come il principale artefice dei mali attuali.
La segreteria Bersani aveva tentato di studiare e comprendere questi fenomeni, ma non è riuscita a ricavarne una nuova rotta politica. Dal canto suo Zingaretti non ha nemmeno tentato una sterzata: la sua segreteria è stata troppo debole, troppo condizionata dalle lobby e dagli emissari del capitale che da tempo dettano l’indirizzo politico a molti dirigenti democratici.
questo segretario designato è direttamente legato ad alcuni di quei centri di potere che hanno incancrenito il PD. Il suo bagaglio culturale deve inoltre molto al prodismo e al pensiero di Andreatta, che oggi possiamo considerare come uno dei mali che hanno ucciso la sinistra. Letta è insomma una parte della malattia, non una cura o un rimedio.
Ma forse è proprio questa l’estrema condizione in cui versa questo partito: non più quello di soggetto malato, ma di malattia che ha preso il sopravvento sul corpo che ha inizialmente colonizzato e che ha raggiunto rispetto ad esso la piena autonomia.
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