A parte quindi la diffusa ignoranza sull’
origine della festa in questione, la
mimosa alimenta il mercato del
l’illegalità: i cosiddetti “rosari” (in questo caso “mimosari”) ambulanti fanno affari d’oro al semaforo e nelle birrerie la sera, quando poi c’è la fortuna che la festa capiti nel fine settimana: oggi è sabato, che sollievo!
Nel 2014 appare, oltreché limitativo (le donne, gli uomini ed i bambini vanno rispettati tutto l’anno) addirittura umiliante dedicare un giorno per tutelare i diritti di una categoria che comprende metà della popolazione umana, ormai sulla via della definitiva equiparazione. Nel governo italiano ci sono più donne che uomini, ma forse per una supposta persistente inferiorità di genere quest’omaggio ad una recente tradizione ancora oggi appare tollerabile.
Oltre l’illegalità delle vendite in strada di mimose che lasciano un olezzo disgustoso da parte di individui discutibili (anche i Rom del campo lungo Stura a Torino si sono organizzati), dietro c’è un consumismo degno del peggior san Valentino.
La discriminazione razzista non è ammessa: non è nemmeno ammesso constatare la distinzione di razze, o definire delle etnie con i loro nomi, ma la discriminazione sessuale è celebrata dall’Onu come se fosse una cosa carina. Incongruenza mica da ridere… E infatti non ridiamo.
Considerando i ripetuti stupri ed assassinii di giovani donne sul suolo del nostro paese avremmo molto più necessità di una educazione civica rivista e fortemente presente nelle scuole superiori, dove al contrario questa materia viene completamente dimenticata, piuttosto di un giorno dedicato alle donne persistente in virtù di una viscida galanteria avallata dalle istituzioni e dai commenti smielati e patetici di politici, politicanti, persone che vogliono sentirsi importanti e ringraziate da donne e ragazze che alle cose di cui sopra, forse, non hanno ancora pensato.