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Un Gramellini molto radical si scandalizza per il Lupo di Scorsese

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Nella settimana in cui ogni pretesto è stato buono per darsi dei “figli di…” Massimo Gramellini sceglie invece di scandalizzarsi per tutt’altro, uscendo dai binari della “massa” per avere quella prospettiva radical da lui molto agognata. 
Gramellini racconta, attraverso un articolo comparso su Vanity Fair, dell’impatto che ha avuto sulla sua persona e sui suoi anonimi vicini di posto il nuovo film di Martin ScorseseThe Wolf of Wall Street“. L’editorialista della Stampa non ha detto nulla di nuovo (come in realtà sembrerebbe voler far credere), ma ha semplicemente fatto propria la posizione di alcune vittime delle truffe di Jordan Belfort, broker-sciacallo interpretato nel film da un Di Caprio da Oscar.
I truffati, usando un linguaggio meno artificioso e aulico del giornalista torinese, hanno criticato la scelta di Di Caprio come interprete del personaggio perché in tal modo gli spettatori avrebbero simpatizzato per le follie del Lupo della Grande Mela. Gramellini da parte sua ci butta in mezzo il “compiacimento indulgente e agiografico” per descrivere la presunta mancanza di oggettività di Scorsese per finire in uno sconclusionato riferimento ai classici greci e a Shakspeare come “catarsi” e “afflato di umanità”, in contrasto con le intenzioni “disumane” del film.
Dal punto di vista dei truffati era prevedibile questa netta presa di posizione di cui comprendiamo la mancanza di oggettività di giudizio: chi perde migliaia di dollari non potrà guardare di buon occhio un film che fa una lettura quasi grottescamente divertente della truffa subita. E’ invece la posizione di Gramellini quella che ci turba parecchio, perché ricalca in pieno la volontà del panorama cinematografico italiano di rimanere abbarbicato ai tristi e vetusti canoni del neorealismo e della denuncia sociale. E’ come se Gramellini invocasse una rivisitazione del film in stile Scuscià, una trasformazione “melenso-drammatica” e volutamente strappalacrime per il pubblico! Ma per carità! Noi tutti abbiamo compreso molto meglio il fenomeno della mafia grazie al “Padrino” piuttosto che con qualche fiction nostrana di svilimento nazionale. Eppure l’intenzione di Coppola non era quella di far “simpatizzare” per un Marlon Brando, o se vogliamo nemmeno Christopher Nolan con lo spettacolare Joker di Batman. Vi è semmai l’intenzione, tipica di un grande artista, di far comprendere nel profondo un personaggio che altrimenti finirebbe troppo facilmente nei fiabeschi canoni del “cattivo“. E’ proprio questa la grandezza del cinema, consegnare allo spettatore una visuale a 360 gradi di personaggi di tal fatta, senza andare a voler strappare facile commozione in platea con schemi grossolani e talvolta infantili…non avremmo potuto comprendere meglio Jordan Belfort e la sua vita se non con la genialità di Di Caprio e la maestria di Scorsese. Quindi caro Gramellini tranquillizzati pure, perchè i tuoi vicini di posto davanti al grande schermo torneranno a fare sesso nonostante il film.

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Redazione Elzeviro.eu

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