Esteri

La fragilità di Biden e la strategia del nemico esterno

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Le gravi accuse rivolte dal neopresidente USA a Vladimir Putin, rientrano nella logica di una collaudatissima strategia americana: aizzare il popolo contro un nemico esterno, in modo da distrarlo dalle difficoltà interne. Una mossa che, tuttavia, rischia di incendiare i già precari equilibri internazionali.

di Antonio Di Siena

Quindi il progressista, liberale e pacifista Biden ha dato dell’assassino a Putin. Ora, che alla Casa Bianca abbiano fra le priorità più urgenti quella di riunificare un popolo dilaniato da una quasi guerra civile mi pare più che sensato. E che per farlo si tenti di ricompattarlo ricorrendo al vecchio trucchetto del “nemico esterno” lo è altrettanto.

Molto meno sensato, invece, è attuare questa strategia minacciando pubblicamente il presidente della seconda superpotenza militare e nucleare del mondo. Certo, stavolta, per far riuscire il giochetto del nemico esterno non bastavano le molto poco temibili Iran e Corea del Nord. C’era bisogno di un nemico vero, un pezzo da novanta.

Ma così facendo Biden sta davvero giocando col fuoco. Perché aggrava di molto uno scenario già tesissimo a causa del costante aumento della presenza NATO nel Baltico e del riacceso conflitto ucraino. E rimescola ancor di più le carte delle alleanze – oggi molto più fluide e incerte – dopo le recenti accuse a Bin Salman e all’Arabia Saudita.

Una strategia scellerata che rischia di innescare una crisi internazionale dall’esito davvero molto incerto. Perché dimostra pubblicamente l’evidente precarietà interna degli USA e l’enorme fragilità della nuova amministrazione americana. Due elementi di fortissima instabilità che in passato hanno trovato soluzione unicamente nella guerra. E meno male che il pazzo incapace era Donald Trump.

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Redazione Elzeviro.eu

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