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W la sovranità, Trump blocca le frontiere

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Società multietnica? No grazie.

Il Paese nato per volontà di immigrati, anzi di usurpatori, ha negato i principi su cui aveva basato le proprie azioni fino ad oggi. Globalizzazione, cosmopolitismo e ghettizazione. Il 45esimo presidente degli Stati Uniti, eletto dal popolo e quindi fautore della volontà popolare giacché espressa in campagna elettorale, ha bloccato le frontiere.

Per 120 giorni sarà interdetto l’ingresso a cittadini iraniani, iracheni, yemeniti, sudanesi, libici e somali. Una decisione presa per tutelare il Paese dal pericolo del terrorismo di matrice islamica. I media hanno già lanciato la loro campagna diffamatoria contro il neopresidente. Repubblica e Corriere sfornano reportage negli aeroporti americani, dove sarebbe in atto una protesta per impedire il blocco delle persone. Repubblica e Corriere dimenticano però di dire che le proteste anti Trump finora organizzate celano tra i registi il nome di George Soros, uno speculatore che stava per far crollare i risparmi dei cittadini italiani.

Le affiliate della sua Open Society stanno infatti reclutando militanti e attivisti fin dal giorno della vittoria di Trump con l’obiettivo di creare una rivoluzione colorata nel cuore stesso degli Stati Uniti. Questi due giornali italiani, pomposi nei toni e autoreferenziali, dimostrano ancora una volta il loro spirito provincialistico. Il loro obiettivo non è informare la gente, ma formarla secondo direttive ben precise. Puntare il dito contro il mostro di turno. Un giorno tocca a Trump, il giorno dopo sarà la volta di Putin.

L’atto di Trump non è il gesto di un irresponsabile, ma la volontà manifesta della maggioranza del popolo americano che ha dato al tycoon il mandato presidenziale. Non c’è nulla di eccezionale in quello che ha fatto Trump. Egli infatti aveva più volte ribadito in campagna elettorale di porre limiti al flusso migratorio. Di eccezionale vi è forse il rispetto delle promesse fatte durante la campagna. Un fatto cui, sopratutto noi italiani, non siamo proprio abituati.

Analizzando poi l’atto in sé nello specifico possiamo notare che tutte, o quasi tutte, le nazioni di provenienza finite nella lista nera americana, sono le stesse che la presidenza Obama ha destabilizzato e distrutto a suon di bombe e rivoluzioni colorate. Come dunque giudicare un presidente che con cognizione di causa distrugge Paesi stabili per poi vestire i panni del buon samaritano e accoglierne i rifugiati, diventati succosa manodopera a basso costo? Come non c’è nobiltà nel respingimento dei profughi, allo stesso modo non vi è nobiltà nella loro accoglienza. La stessa è infatti business sulla pelle delle vittime.

Un ultimo aspetto da analizzare è l’esclusione dei Paesi del Golfo dalle nazioni sulla lista nera di Trump. Arabia Saudita, Qatar, Oman , Emirati Arabi e Kuwait hanno dato i natali a moltissimi terroristi di fama internazionale. Su tutti Osama Bin Laden. Ciò dimostra come ancora una volta gli interessi economici superino quelli politici e popolari. Questa è l’unica critica concreta che si può apporre a Trump, Corriere e Repubblica non l’hanno però colta.  

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Redazione Elzeviro.eu

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