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Migliaia di civili scappano dai “ribelli” per tornare da Assad

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La battaglia di Aleppo sta volgendo al termine con una probabile vittoria dell’esercito governativo siriano con l’aiuto delle forze curde.

 

Il direttore dell’Osservatorio siriano dei diritti umani Rami Abdel Rahman, apertamente schierato contro Assad, ha parlato della “peggiore sconfitta” subita dai ribelli da quando hanno messo peide ad Aleppo nel 2012. Se lo dice un feroce oppositore del regime è legittimo dare fiducia alla notizia.

Secondo poi l’agenzia di stampa siriana SANA l’esercito lealista avrebbe conquistato i quartieri di Sakhour, Haydariya e Sheikh Khodr situati nel nord est della città, dove appunto si erano asserragliati i “ribelli”, ovvero le formazioni del Jabhat Fateh al-Sham (ex al Nusra). Un’organizzazione classificata come “terroristica” dalle Nazioni Unite nel 2012. Non sappiamo dunque il perché media come al Jazeera continuino a chiamarli “ribelli“.

L’offensiva siriana è stata affiancata dall’attacco curdo che ha portato alla conquista del distretto Sheikh Fares, chiudendo così i ribelli in una morsa nella zona est della città. Durante questa offensiva migliaia di civili hanno abbandonato la zona controllata dai terroristi, l’Osservatorio ne ha contati almeno 10.000. Metà di questi sono andati nella zona controllata dai curdi, mentre l’altra mettà hanno trovato rifugio nella zona sotto il controllo dell’ancora presidente Assad. Così come è stata la peggiore sconfitta dal 2012, così l’Osservatorio ha definito anche il “maggior esodo” in atto da quando è iniziata la guerra civile.

La mappa deve essere così riaggiornata in favore del Governo siriano alawita. Anche se tutta la zona limitrofa ad Aleppo rappresenta ancora una bomba conflittuale, la cui creazione è dovuta per buona parte alla folle politica estera del Partito democratico statuinitense a guida Obama. Sono ben quattro le forze in campo che si contendono il controllo del nord del Paese, dove è appunto situata Aleppo. Il Governo, i curdi, i “ribelli”/terroristi e l’Isis.

Questo capolavoro di destabilizzazione a nitida firma statunitense si colloca geograficamente, guarda caso, lungo il confine turco. Un confine che si è dimostrato essere molto poroso e poco o per nulla controllato dalle autorità turche. Anzi vi sono state negli anni indizi e accuse di connivenza tra la Turchia e Daesh. Nell’ottobre 2014 il Dailymail pubblicava un video che ritraeva soldati turchi fraternizzare con i terroristi dello Stato Islamico, mentre lo scorso settembre le forze curde presenti nel nord della Siria hanno apertamente denunciato la Turchia di supportare economicamente e militarmente il Califfato.

D’altronde i curdi in Siria, nemici storici del regime di Erdogan, combattono l’Isis, quindi non è del tutto da escludere il supporto di Ankara al Califfato proprio in funzione anti curda.  

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Redazione Elzeviro.eu

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