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Hasta Fidel, la libertà è ancora sopravvalutata

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Come molti di noi, volevo guardare un video sulla morte di Fidel Castro sul sito del Corsera. Prima del video si è aperta una pubblicità di una famosa multinazionale che vende caffé è che è sospetta di essere implicata nello sfruttamento dei bambini. Il suo caffé è buonissimo, però, e chi lo sponsorizza è un inutile idolo delle folle, in realtà un attorucolo portato in palmo di mano da milioni di persone e ricco da fare schifo.

Fatto questo, ho pensato di aprire un social network la cui base è nella sudicia silicon valley, dove di certo un uomo sano di mente non vorrebbe vivere. Mentre bevevo acqua dal mio bicchiere made in China ho pensato alla fierezza del popolo cubano. Povero, ma autosufficiente. Un’isola che ha sfidato l’imperialismo ed il capitalismo. Un posto bellissimo dove il tempo si è fermato e le automobili sono ancora quelle degli anni Cinquanta. Gli antichi fasti coloniali traspaiono da questi edifici signorili e il socialismo reale con i suoi palazzoni è penetrato meno che nelle periferie di alcune metropoli europee.

E’ stato un periodo di prosperità e di splendido isolamento, sempre pronti a sfidare, piccoli e abbastanza reietti, ma puri e non corrotti come le pseudodemocrazie del centroamerica, l’america ed il mondo. Questo al netto delle persecuzioni della dittatura e delle abiezioni del secolo scorso, come aver imprigionato gli omosessuali come nemmeno il fascismo fece. In Italia già venti anni prima della rivoluzione cubana si ricordano confini all’acqua di rose per gli allora detti “femminielli”.

A Cuba ancora oggi internet costa un capitale e solo alcuni alberghi sono dotati di wifi. Eppure i giovani stanno cominciando a corrompersi indelebilmente, e presto saranno come noi: scriveranno ogni scorreggia su facebook, aneleranno all’ultimo modello di smartphone e agli inutili gingilli della tecnocrazia. Grazie Fidel per aver tenuto un popolo all’oscuro di quello che molti chiamano progresso,  ma che alcuni altri conoscono come decadenza.

“Quando ero ragazzino mio padre voleva che io fossi un bravo cattolico e che mi confessassi tutte le volte che avevo pensieri impuri sulle ragazze. Così ogni sera arrossivo nel confessare i miei pensieri. Ciò accadde una sera, due sere, e così via. Dopo una settimana decisi che la religione non era cosa per me.” Fidel Castro

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Redazione Elzeviro.eu

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