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Il petrolio curdo al centro dell’azione Isis?

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Non sembrerebbe così casuale come ci vogliono far credere quest’improvvisa scalata al potere del nuovo califfato iracheno. La minaccia, finora rimasta tale, ha fatto riunire, dopo mesi di teatrale tensione mediatica, le potenze occidentali per organizzare un’offensiva contro questi predoni del deserto. Predoni che sarebbero rimasti tale non fosse altro che per le politiche dissennate condotte dagli Stati Uniti nell’area mediorientale.

Già con l’azione in Libia nel 2011 Obama aveva gonfiato i proiettili dei miliziani anti-Gheddafi, gruppi strettamente connessi (forse addirittura per la presenza degli stessi attori) con i miliziani siriani, a loro volta finanziati da mano americana e vicinissimi ai temuti banditi dell’Isis. Cosa c’è di logico dunque nel finanziare l’estremismo contro regimi che, nel bene e nel male, governavano legittimamente ed avevano stabilizzato l’area?

Tutto torna quando di mezzo c’è l’oro nero. In Libia, ahinoi, la morte di Gheddafi e il successivo caos ci hanno fatto perdere tutti i contratti vantaggiosissimi che avevamo, a favore ovviamente di Stati Uniti e Francia, pronte “generosamente” a rivenderci la “benzina” al doppio del prezzo. In Iraq poi di oro nero ce n’è in grande abbondanza ed è per ora gestito dai curdi, che agiscono contro il volere dello Stato iracheno. I curdi hanno permesso che la Exxon Mobile, multinazionale americana,  acquisisse il diritto di esplorare la zona per effettuare nuove trivellazioni, e a riprova dei fitti contatti commerciali tra Kurdistan e Usa vi è stato l’avvistamento di un petroliera battente bandiera delle isole Marshall carica di greggio curdo nei pressi di Houston (Texas).

Il governo centrale di Baghdad è l’ultimo coraggioso ostacolo tra il petrolio, di legittima proprietà degli iracheni, e i tentacoli a stellle e strisce. La recente azione della milizia Isis oltre ad aver indebolito e confuso un governo già debole, lo ha delegittimato a livello internazionale, dimostrando come esso non abbia ancora il pieno controllo del territorio. Una minaccia richiede un intervento e questo gli Stati Uniti lo sanno bene, dato che è la strategia che hanno utilizzato dalla Prima Guerra Mondiale in avanti per intromettersi negli affari di altri Stati.

Intanto noi europei a furia di porgere la lingua verso il deretano degli yankees abbiamo perso il petrolio libico, stiamo per perdere il gas russo e abbiamo milioni di arabi “incazzati” e minacciosi a due passi da casa. 

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Redazione Elzeviro.eu

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