Uno solo, anche fra quelli che fanno finta di basare i propri giudizi sull’onestà. La realtà è che buona parte della gente (ma oggi quasi tutta) legge e crede solo quello che conferma i suoi pregiudizi, e una volta che un pregiudizio le sia stato inculcato, neppure l’evidenza riesce a indebolirlo.
Per cui gli stessi che qualche mese fa vi dicevano che non votavano più M5S perché è come gli altri, inclusa Raggi, adesso ignorano la notizia o, se sono dei trumpisti, semplicemente mettono in dubbio l’imparzialità della magistratura (che invece lodavano quando si accaniva pretestuosamente contro la sindaca di Roma).
Per cui finitela di inseguire il mito della superiorità morale, inventato dalla destra americana per indebolire i suoi avversari costringendoli a standard che lei, la destra, si guarda bene dal rispettare.
In politica contano gli ideali, i programmi: fa un’enorme differenza fra chi vuole eguaglianza e solidarietà e chi vuole meritocrazia e competizione, fra chi crede nello Stato e chi nei privati, fra chi combatte per diritti (e doveri) collettivi e chi per libertà individuali.
Si deve fare qualunque cosa sia utile o necessaria per salvare la società e il paese e far prevalere i propri valori. Non sto dicendo che così debba essere; sto dicendo che così è. Gli italiani di destra (fascisti immaginari, leghisti, berlusconiani, renziani, radicali, liberisti in genere) non fanno prigionieri; non dobbiamo farne neanche noi e lo stesso non diventeremo come loro perché, come ho detto, diverse, anzi opposte, sono le due visioni del mondo.
Spero che i numerosi massimalisti del Movimento che, da veri savonaroliani (traduco per chi non sappia cosa significa: talebani), avevano immediatamente preso le distanze da Raggi, stiano facendo una seria autocritica, visto che azioni più drastiche, come l’harakiri (politico e possibilmente fisico), non sono di moda.
Dei militanti che davvero si sentano super partes sono o fanatici o fascisti, nel senso che confondono il proprio partito (che come dice il nome è “una parte” ed è “di parte”) con lo Stato; sta allo Stato mantenere l’equidistanza, i raggruppamenti politici devono invece, più che qualsiasi altra cosa, restare uniti: la loro lealtà primaria deve essere per i propri compagni di lotta, non per gli italiani in genere, i tre quarti dei quali o se ne fregano o sono corrotti o simpatizzano per i liberisti.
Giustamente, peraltro: perché la democrazia è confronto fra partiti e fra contrastanti progetti, non l’arrogante convinzione di essere superiori a tutti gli altri e dunque esentati dalla politica e dallo spirito di corpo.
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