Questo non è il discorso semplicistico e idiota secondo il quale stanno tornando i nazionalismi che vogliono distruggere l’Europa.
La realtà è che l’Europa (intesa come il tentativo generoso di sopire i demoni della prima metà del secolo scorso) è stato un esperimento nel quale si è tentato di ingabbiare lo spirito faustiano tedesco in una istituzione europea apollinea, passiva, realizzata in un eterno presente liberale priva di riferimenti passati e di uno sbocco futuro al quale bisogna tendere.
Ecco, sotto questo aspetto la Sentenza di Karlsruhe suona come uno schiaffo a tutta Europa: i tedeschi sono artefici del proprio comune destino, l’Ue è un contratto tra stati privo di sovranità e di conseguenza la potestà di battere moneta rimane in capo alla Bundesbank e la Bce è un mero consorzio di banche centrali ognuna depositaria della potestà sovrana di battere moneta per il proprio paese.
hanno ragione e a loro degli effetti economici e monetari della sentenza poco gli tange, è un qualcosa di assolutamente accidentale; ciò che risuona è il passo di Faust dentro la stanza. E lì, cari amici, tutto ritorna sul tappeto: cos’è la Sovranità? Cos’è un Popolo? Quale il comune destino di un Popolo e il suo rapporto con gli altri? Ma anche il tema della nascita, dello sviluppo, della decadenza e della morte di una civiltà.
Vedete, già l’uscita della Gran Bretagna dalla Ue per riabbracciare il comune destino anglosassone con gli Usa è un potente segno. Così come lo è stato la firma del Trattato di Aquisgrana tra Francia e Germania dove è eloquente la presenza nel trattato della doppia lingua in Alsazia-Lorena ovvero una forma di germanisierung (parola sinistra ma segno, al di là delle circostanze storiche che rievoca, della forte rinascita di uno spirito tedesco).
lo sguardo rivolto a sud del nord Italia e precisamente della Lega salviniana segno che il progetto carolingio e apollineo dell’Europa non soddisfa o non è più in grado di dare risposte e dunque a Nord (che si sia preso coscienza o meno) c’è la necessità di trovare altro. Non parliamo poi delle doglie spagnole e dei tentativi di secessione della Catalogna o dei paesi del cosiddetto Gruppo di Visegrad che rivendicano una specificità culturale, anche essi insomma, insoddisfatti dell’eterno presente liberale dell’Eu fatto di mercantilismo e relativismo culturale.
Non dò giudizi di merito, sia chiaro. E non provo neanche a trarre conclusioni da una realtà così complessa. L’unica cosa certa è che i grandi temi geopolitici, ma anche culturali, dell’Europa dell’ottocento e della prima metà del novecento sono di nuovo qui, bussano alla porta.
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