Questa è un’orazione, non un’analisi. Prendetela, quindi, come meglio credete.
Ricordate la poesia – erroneamente attribuita a Bertolt Brecht – “Prima verranno a prendere…”?
Ecco, chi saranno esattamente i primi non lo so. Diciamo che quando, dopo la valenza sostanziale, anche l’impalcatura simulacrale della democrazia verrà meno, fra i primi a esser presi e portati via ci saremo noi artisti o, se preferite, noi che svolgiamo un mestiere artistico.
Sto dicendo questo perché sto recependo, da qualche anno, segnali piuttosto allarmanti.
Il motivo per cui ci attaccheranno – questo intendo infatti per “ci verranno a prendere” – è tutto sommato abbastanza semplice.
Noi mestieranti delle arti lavoriamo su simboli, segni e codici della produzione linguistica collettiva e quotidiana, generando per essi combinazioni inedite, sovrapposizioni, disvelamenti semantici e spostamenti di senso: noi generiamo la coscienza critica del linguaggio (inteso in senso estensivo, cioè compresi i segni non verbali) intorno a se stesso.
Ma in un’epoca come questa caratterizzata da polarizzazione ideologica estrema, un utilizzo dei segni che ponga differenti piani di lettura contemporaneamente, che non sia assimilabile alle prese di posizione e alle letture di realtà uniformi e ideologicamente polarizzate, risulta intollerabile.
E non sarà una delle due polarità oggi in guerra – progressismo e populismo – ad attaccarci, bensì la politica in quanto tale.
Al pensiero debole dei decenni scorsi, stanno infatti subentrando trasversalmente pensieri pseudo-forti – ma in realtà debolissimi – che mal tollerano la dialettica, la mediazione e la complessità.
La parte progressista della politica ci attaccherà e ostracizzerà per ribadire la valenza normativo-totalitaria del politically correct; la parte populista, invece, magari vorrà definire “satanismo” le manifestazioni del dionisiaco in campo artistico.
Va detto che la parte progressista è quella che oggi egemonizza in modo totalizzante media e industria culturale, dunque essa rappresenta certamente – per l’autonomia di chi lavora in campo artistico – un pericolo maggiore e più immediato. Ma le prese di posizione che si possono scorgere diffusamente in campo populista, lasciano intendere una pari se non superiore diffidenza verso l’autonomia delle arti dalla sfera politica.
Per esempio, entrambe le polarità concorderanno, nel prossimo futuro, sul ripristinare una totale interdizione della nudità dai linguaggi artistici: il progressismo lo farà per desensualizzare – come già sta facendo – la relazione uomo-donna, mentre il populismo si porrà in tal modo per mera aspirazione al “buon” tempo antico. Chi svolge un mestiere artistico, farebbe bene a prepararsi ad andare sui monti, possibilmente col fucile in spalla.
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