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L’appropriazione indebita dell’Inno alla gioia da parte dell’UE

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IL PENSIERO - Di Giuseppe Masala

«Se Schiller e Beethoven fossero vivi probabilmente sarebbero in galera».

Ma lo sanno

gli europoidi che l’Inno alla Gioia di Beethoven (su testo di Schiller) che oggi fanno trasmettere a tutte le ore su tutti i canali, è la glorificazione dell’ideale romantico dell’Uomo della Kultur, della realizzazione del mondo idilliaco dell’Arcadia, dei valori spirituali da contrapporre alla Zivilisation, all’uomo mercante, alla misura del danaro.

Sì, esattamente,

Schiller e Beethoven hanno scritto e musicato l’Inno alla Gioia contro la deriva umana che avrebbe portato alla realizzazione del Moloch europoide come sua massima espressione politica.
Sì, se Schiller e Beethoven fossero vivi probabilmente sarebbero in galera perchè nel palazzo della Commissione Europea ci avrebbero messo una bomba.

Le istituzioni dell’Unione possono confidare nell’ignoranza delle persone. Si tratta della loro migliore arma di sopravvivenza.

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L’inno alla gioia è quanto di, insieme, più identitario e più universale si possa concepire.

Fonte

Si tratta dell’espressione di una fortissima personalità individuale, profondamente radicata nella cultura della sua nazione e del suo tempo, capace però di acquistare una dimensione ed un valore universali.

E quello che vale per la musica di Beethoven vale per tutte le espressioni della creatività umana. Non è possibile separare i dialoghi di Platone dalla polis greca, o la poesia di Dante dalla Firenze del trecento, o le tragedie di Shakespeare dall’Inghilterra elisabettiana, o la pittura e la scultura di Michelangelo dal rinascimento italiano.

Ma i dialoghi di Platone, la poesia di Dante, le tragedie di Shakespeare, la “pietà” ed il giudizio universale” hanno un valore universale che va ben oltre i loro tempi ed i loro paesi. Sono qualcosa che interessa l’uomo in quanto uomo. Sono universali oltre che identitarie, meglio, sono universali perché identitarie. Espressioni di grandi identità individuali e collettive capaci di trascendere se stesse e di rivolgersi a tutti gli esseri umani.

La Unione europea è esattamente il contrario di tutto questo.

Chi si azzardi a parlare di “identità” viene subito bollato come “sciovinista” dagli euroburocrati. L’Europa che hanno costruito non ha nulla che richiami le grandi tradizioni della cultura europea. E’ una scatola vuota aperta a tutti, indipendentemente da ogni discrimine culturale.

Ne sono prova, fra le altre cose, le banconote dell’euro, su cui non è impressa l’effige di Beethoven, o di Platone, o di Dante. No, su quelle banconote sono stampati ponti e portoni. E basta.

E nulla è più lontano dal pensiero degli euroburocrati quanto un qualsiasi richiamo alla universalità di qualcosa, sia questo “qualcosa”, un valore etico, una costruzione razionale o un parto della creatività artistica. La religione ufficiale della UE è il relativismo culturale. Tutto deve essere accettato se fa parte di una qualche cultura, meglio, se è parte di qualche cultura non occidentale.

Ed in nome di questo relativismo nichilista, che non ha nulla a che vedere, è bene sottolinearlo, con quel relativismo “debole” che è inestricabilmente connesso al pluralismo, in nome di questo relativismo nichilista, dicevo, l’”Europa” si sta riempendo di persone che, per tornare a Beethoven, la musica la odiano.

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Redazione Elzeviro.eu

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