Grazie alle indignate proteste di alcuni eminenti rappresentanti progressisti – sempre sul pezzo nei momenti decisivi della storia – l’immagine è stata prontamente corretta, conferendo il privilegio di lavorare alla donna e mettendo l’infante in braccio al babbo.
Finalmente giustizia è fatta, e gli oneri sono stati trasferiti, correggendo una storica iniquità.
Quello che apparentemente non siamo abbastanza maturi per vedere è che il sottotesto di quella sdegnata contestazione è l’idea che il figlio sia un fardello, una zavorra, da spostare punitivamente verso qualcuno, per “liberare le energie lavorative” dell’altro.
è quanto le ragioni dell’autoriproduzione del capitale siano diventate seconda natura, anche in chi si illude di contestarle.
Quello che proprio non si capisce è che cadere in questo gioco prepara il futuro (già spesso un presente) in cui ad entrambe le finestre compariranno solo due pirla al lavoro, in notturna, in remoto, in stanze separate, orgogliosi di dare il meglio di sé alla produzione, e lieti di essersi liberati per sempre di quell’oneroso fardello che è la vita.
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