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23 maggio 1992 #ionondimentico

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Era il 23 maggio un giorno come un altro per noi liceali. Era un sabato, proprio come oggi, 23 anni dopo.
Un sabato trascorso in sella agli scooter cinquantini, in maniche corte e con i capelli al vento. Faceva caldo a Roma, le scuole stavano volgendo al termine e sebbene serpeggiasse l’incertezza in tutti noi di avere qualche materia a settembre (quella maledetta chimica croce e delizia di uno studente di liceo classico), la leggerezza di quell’etá riusciva a prendere il sopravvento.
Indossavamo mocassini Tod’s e polo Ralph Lauren, nascevano i primi amori, si andava in discoteca di pomeriggio.
Nessuno avrebbe mai immagino che il 23 maggio avrebbe spaccato la storia del nostro paese in due, un prima e un dopo.
Tornai a casa, accaldata ed euforica del pomeriggio trascorso con le amiche e trovai mio padre, siciliano e agrigentino, atterrito di fronte alla televisione. Non esisteva internet, non c’era ancora SKY ed io ricordo le immagini confuse mandate dalla Rai: un cartello, quello verde che vedevo in autostrada quando andavamo a sciare in Alto Adige, con la scritta di un luogo a me sconosciuto CAPACI, detriti, auto distrutte, persone sconvolte che si aggiravano in cerca di cosa…..della verità, forse. Ma all’epoca, nel 1992, non sapevo chi fosse il giudice Falcone, non sapevo che fosse autore del Maxi Processo, che fosse un uomo che con la sua tenacia stava tentando di estirpare la Mafia e chi gli stava dietro.
Me lo spiegó mio padre che alle 17.58 del tritolo posizionato sull’autostrada A29 aveva fatto saltare in aria il giudice, sua moglie, i tre agenti della scorta. Ricordo l’indignazione di mio padre, il veleno che quel giorno sputó sulla classe politica che allora guidava il nostro paese, il dolore della vedova Schifani che nel giorno dei funerali piangeva, senza forze, svuotata dal dolore e annichilita di fronte a tanta ferocia.
Quel giorno morimmo tutti un poco, insieme a quell’uomo che affermava:
“La mafia non è affatto invincibile; è un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà anche una fine. Piuttosto, bisogna rendersi conto che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave; e che si può vincere non pretendendo l’eroismo da inermi cittadini, ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni.”
#ionondimentico
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Gabriele Tebaldi

Classe 1990, giornalista pubblicista, collabora con Elzeviro dal 2011, quando la testata ha preso la conformazione attuale. Laurea e master in ambito di scienze politiche e internazionali. Ha vissuto in Palestina, Costa d'Avorio, Tanzania e Tunisia.

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