Il centrodestra non è solo ”diviso”, ma è soprattutto ”privo di una strategia per il futuro”. In sé una considerazione lapalissiana, specie per chi mastichi di politica (in particolare, per chi abbia osato proporre l’aberlusconizzazione del centrodestra). Clamorosa, però, se a scriverla, in una lettera pubblicata in prima su “La Stampa” di oggi, è l’aedo dell’iperberlusconismo Sandro Bondi. Eloquente – e per nulla forzato, a leggere tutto il testo della missiva dell’ex-Ministro alla Cultura – il titolo dell’intervento: “Forza Italia ha fallito, sosteniamo Renzi”.
Una lettera, quella di Bondi, che certifica, insieme alla sfiducia più volte espressa da Giuliano Urbani (tessera n° 3 di Forza Italia) e al passaggio dello storico portavoce Paolo Bonaiuti a NCD, l’insostenibilità di un berlusconismo d’accatto (a tinte populiste) come collante di un’area moderata, capace di farla davvero competere con Pd e “grillini”.
L’assenza di un fondamento forte per il centrodestra è emblematicamente rappresentato dalla vicenda delle elezioni regionali piemontesi, a cui si presenta diviso fra tre candidati: Gilberto Pichetto (Forza Italia e Lega Nord), Enrico Costa (Ncd e Udc) e Guido Crosetto (FdI). Frantumato, oltre che dalle diverse “scelte romane”, anche dall’incapacità di trovare l’energia per imprimersi una svolto dopo la caduta anticipata (e il procedere tutt’altro che entusiasmante) dell’esperienza Cota. Non si è stati capaci, proprio perché manca quel fondamento e le opportune visioni di prospettiva, a trasformare in “provvida sventura” l’annullamento delle elezioni del 2010. Non ha avuto, il centrodestra, la forza per unirsi per la discontinuità. Disabituato – in questo il berlusconismo sempre piazzista è stato venefico – all’autocritica e all’analisi.
Passando dal locale al globale, la situazione non cambia.
La “frazione populista”, che giunge a strizzare l’occhio alle predicazioni anti-euro e complottarde, tenta la sopravvivenza non ponendosi più seriamente il problema del governo. Quella “governista” (più responsabile, ma anche più prosaicamente interessata) si aggrappa al permanere per inerzia della stagione della “piccola Grande Coalizione”. In ultimo, le due “frazioni” – il centrodestra rimane bipolare, nel senso del disturbo – albergano nelle varie forze politiche e, forse, nelle stesse persone. Tutti incapaci di uno scatto, perché “primum vivere” (sopravvivere, anzi).
Cacicchi e feudatari si dibattono, in guerre per bande, senza un vero sguardo al futuro. Come Bondi, ma senza la dignità per dichiararlo, sono tutti renziani. Un po’ per nostalgia del “capo carismatico”, ma soprattutto per non perdere il posto.
Marco Margrita
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