E’ già successo altre volte, infinite volte, che la squadra e la società, quando si ritrovano a cavallo tra la gloria della definitiva consacrazione e il tradizionale anonimato, finiscono puntualmente per ricadere nel pozzo oscuro del fallimento.
A Napoli potremo con buona approssimazione constatare la terza sconfitta consecutiva con tutte le conseguenze negative del caso visto che Roma e Inter avranno invece dalla loro un calendario decisamente più accattivante. Pensare poi di riprendere facilmente le antagoniste sarà non solo eccessivamente ottimistico ma quasi ai limiti dell’ingenuità. Il motivo principale di questo sano realismo è che la squadra, dopo le iniziali e incoraggianti accelerazioni, sembra essere ricaduta, così come in parte anche l’Inter, nella sua più giusta fisionomia. La Lazio, così come è stata assemblata, non è una squadra da vertice ma al limite di semplice rincalzo.
Troppi sono infatti i giocatori di non eccelso valore. Patric, Wallace, Bastos, Anderson, Nani, Di Gennaro, Marusic, Caicedo, Murgia, Lukaku giusto per fare degli esempi concreti, non sono e non saranno mai le pedine giuste per fare il salto definitivo di qualità. Ieri sera Anderson, il cui vero tallone di Achille è nella sua testa e nella… voglia di giocare che non ha, è stato a tratti quasi indisponente corricchiando per il campo senza quasi mai un guizzo, un’invenzione, un qualcosa che potesse accendere una manovra lenta, ripetitiva e noiosa. Nani stesso discorso: il portoghese da quando è arrivato si è quasi sempre limitato a fare il suo compitino minimale senza mai accendersi non solo tecnicamente come dovrebbe ma anche fisicamente come forse, a nostro avviso, non può più.
Ci si potrebbe a questo punto chiedere come mai, nonostante alcuni segnali precisi indicassero la prossimità del nazionale portoghese ad un dignitoso fine carriera, sia stato così frettolosamente preso. Forse per dare ai tifosi l’illusione di un mercato finalmente corposo e degno delle aspettative che, a questo punto solo quegli stessi tifosi si erano creati nella loro testa? Per non parlare dei disastri collezionati dal “duo delle meraviglie” Wallace e Bastos capaci di regalare in giro per l’Italia punti preziosi in più per gli altri e in meno per la propria squadra. Di Gennaro, preso con la prosopopea che potesse addirittura essere l’alter ego di Leiva e finora, tra uno svarione e un acciacco, assolutamente non pervenuto. E che dire del povero Marusic bravo a farsi la fascia destra su e giù per il campo ma non altrettanto quando occorre maggiore personalità come saltare l’avversario diretto o reggere l’urto in difesa.
Di Caicedo ormai è da tempo che si dice che potrebbe essere un discreto centrocampista, forse un trequartista ma centravanti,,,lasciamo perdere. Il ragazzino Murgia dal canto suo non ha un fisico dirompente e neanche la personalità che in un ruolo diverso sta dimostrando il suo pari età Luis Felipe. Il buon Lukaku che quando entra a metà del secondo tempo riesce a far valere la sua forza fisica quasi dirompente e la sua capacità di saltare l’uomo mentre quando gioca tutta la partita finisce per tornare ad essere semplicemente un onesto e dignitoso pedalatore. Se a questo aggiungiamo la caduta verticale di forma di Immobile, il declino di Luis Alberto fino ad ora chiamato a fare gli straordinari per la mancanza impietosa di alternative e la storica tecnica non eccelsa di Lulic che almeno quando gioca ci mette una personalità da gigante Golia, il quadro incomincia ad essere esaustivo Sms a parte ovviamente. Milinkovic che pure lui, quando c’è, alterna giocate sopraffine a lunghi periodi di apatia e di eccessivo auto narcisismo.
La sconfitta di ieri, l’ennesima contro un Genoa grifagno nel verso senso del termine ma non certo paragonabile al Barcellona o al Bayern, suona ora come un campanello di allarme ma forse sarebbe meglio dire come il suono di una campana a lutto. La Lazio si scopre inerme e con un organico e un tasso tecnico che sono assai lontani da quello che servirebbe per entrare nelle prime quattro posizioni dell’Olimpo calcistico. La colpa non sembra essere di Inzaghi bravo fino a questo momento ad andare a nozze, a cena, a pranzo e a colazione con i fichi secchi che la società ha messo a sua disposizione. Fichi secchi messi sul piatto sperando nel miracolo ma che alla fine sono assolutamente inadatti e impietosamente insufficienti per rispondere alle esigenze di una stagione impegnativa come questa. Qualcuno adesso incomincia a sostenere timidamente che forse qualcosa di più e di meglio andava fatto nel mercato di gennaio.
Noi invece sosteniamo che quel qualcosa andava fatto a tempo debito ovvero in estate quando si programma tutta la stagione e non nel mercatino dell’usato di inizio anno che non serve e non servirà mai a niente se non a dare un minimo di interesse alle trasmissioni che appunto si occupano di fantomatici passaggi di bandiera. Si doveva prendere un centravanti vero a supporto di Immobile e non è stato fatto. Si doveva prendere un sostituto di Leiva e anche questo non è stato fatto.
Non si doveva prendere un Nani al capolinea e questo…è stato fatto, si doveva trovare il coraggio di chiudere il discorso con Anderson eterno incompiuto e dalla concentrazione mentale discontinua, si dovevano prendere due centrali affidabili al posto di Wallace e Bastos e anche questo non è stato fatto. Si dovevano mandare diversi giovani a farsi le ossa in squadre minori e questo è stato fatto soltanto in parte e per concludere forse non si dovevano spendere venti milioni e pussa di euro per prendere due anonimi ragazzini portoghesi finora spettatori non paganti e per nulla utili alla causa.
Detto questo i tifosi della Lazio dovranno come sempre lasciare stare i sogni e accontentarsi delle posizioni di rincalzo sperando di mantenere almeno la zona Europa League perché anche questa allo stato attuale non è poi così scontata viste le prestazioni dell’Atalanta e della Samp. E poi c’è qualcuno che continua a dire che Tare è uno dei migliori direttori sportivi della serie A supportato da un presidente bravo anzi bravissimo a fare soldi a palate con le plusvalenze dei giocatori ma non altrettanto a regalare ai tifosi quanto meriterebbero. Forse è anche per questo che quei venticinquemila tifosi occasionali che facevano raggiungere un tempo le cinquantamila presenze all’Olimpico ora come ora preferiscono starsene a casa.
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