A scuola ci hanno insegnato che lo Stato è fondato su tre poteri ben distinti tra loro (esecutivo, legislativo, giudiziario) secondo il principio scritto da Montesquieu nello “Spirito delle leggi” (1748), ma il potere politico-monetario, il più importante, quello che sovrasta di gran lunga tutti gli altri, perché non viene nominato?
Non si parla della gestione del denaro in alcun testo scolastico ed in nessuna facoltà universitaria. La storia vera del capitale e delle banche è proibita. Si accenna di striscio nell’art. 47 della costituzione italiana del 1948 (tuttora in vigore), ma suona come una beffa: “La repubblica italiana incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina , coordina e controlla l’esercizio del credito”. Bella presa in giro, non c’è che dire.
La storia, fin dai primordi, è piena di morti ammazzati. Nel 131 a.C. venne assassinato il tribuno della plebe Tiberio Gracco, che con la sua riforma agraria aveva colpito gli interessi dei latifondisti distribuendo la terra ai contadini, e dieci anni dopo toccò a suo fratello Caio, che osò portare avanti lo stesso programma. Alle Idi di marzo del 44 a.C. venne pugnalato Giulio Cesare. Il motivo? Perseguendo una politica favorevole ai cittadini aveva nientemeno coniato nel 48 a.C. la sua moneta, scavalcando i cambiavalute, gli antesignani dei banchieri.
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Giuseppe Franchi, Noi automobilisti
fine della terza puntata
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