Questo è, a grandi linee, il concetto ribadito ieri dal Santo Padre nell’udienza generale del mercoledì. In una Sala Nervi come al solito gremita di fedeli, Papa Francesco, continuando idealmente nella catechesi sul Battesimo iniziata qualche giorno fa, ha ribadito l’importanza del ruolo dei genitori nella trasmissione della Fede e della Grazia di Dio ricevuta con il Battesimo.
Lungi dal perorare la causa delle coppie di fatto, così come era stato trionfalmente annunciato da certa stampa laicista e anticlericale all’indomani della cerimonia del Battesimo nella Cappella Sistina, Papa Francesco ha dato anzi nuova linfa e importanza al concetto stesso di famiglia, quella ovviamente con la effe maiuscola, baciata dal Sacramento del Santo Matrimonio. Ed è in questo contesto che proprio diventa importante l’appello del Pontefice ai genitori a farsi discepoli e al tempo stesso missionari di Cristo. Il Battesimo in questa prospettiva diventa strumento di salvezza e al tempo stesso mezzo di unione mistica con il Corpo di Cristo e quindi con la Chiesa che ne è la rappresentazione terrena.
Chiesa di Cristo che nella persona del Papa e dei Vescovi si fa a sua volta discepola dello stesso Cristo prima ancora di diventarne la missionaria. Il Santo Padre ha ribadito che l’essere Papa e l’essere Vescovi non implica una responsabilità di base diversa da quella di ogni altro credente: anche i rappresentanti di Cristo sulla terra devono in primo luogo essere e farsi discepoli, condizione indispensabile per poter diventare missionari. Implicita ci sembra in questo l’affermazione, derivante appunto dall’essere discepoli, del dovere di fedeltà da parte degli ecclesiastici ai contenuti stessi della Fede, una Fede che va accolta e sviluppata non solo nella massima umiltà di mezzi ma anche intellettuale, così come lo stesso Francesco sta dimostrando fin dagli inizi del suo Pontificato.
Altro concetto importante messo in evidenza dal Papa è che i battezzati sono chiamati a trasmettere la loro comunione con la Santissima Trinità. Questa comunione diventa possibile grazie appunto al dono, offerto con il Battesimo, di diventare figli di Dio e membra vive del Corpo Mistico di Cristo e che fa sì che nei battezzati la dimensione missionaria si fonda perfettamente con la dimensione mistica. Aggiungiamo noi che senza appunto la dimensione mistica propria di una famiglia unita nel Sacramento del Matrimonio non si va molto lontani perché quella famosa catena della fede, a cui continua a riferirsi con insistenza il Santo Padre, rischierebbe di spezzarsi proprio per la mancanza di quella Grazia che si ottiene con il Battesimo ma che si fortifica appunto con il Sacramento del Matrimonio. Questo concetto almeno dovrebbe essere valido per i Cristiani che si ritengono tali e che continuano a sentirsi parte attiva della Chiesa. Una Chiesa che non è un “Moloch” disumanizzato, espressione di un potere temporale minaccioso così come non pochi rappresentanti di certo laicismo esasperato pensano e sostengono, ma che, grazie al “miracolo” del Battesimo, è formata semplicemente dal Popolo di Dio in cammino. Un popolo inteso come unione di membra vive all’interno del Corpo di Cristo.
In questo immenso e necessario movimento di Cristianizzazione e di testimonianza del Popolo Cristiano, interessante è stato, da parte di Papa Francesco, l’accenno alle persecuzioni avvenute nel diciassettesimo secolo in Giappone nei confronti dei primi missionari cristiani. Una persecuzione che non impedì la nascita del Cristianesimo in quelle terre, visto che due secoli più tardi, davanti agli occhi meravigliati dei nuovi missionari sarebbero apparsi quasi dal nulla i discendenti di quelli che erano stati i primi battezzati. Queste poche persone in pratica, non senza grandi sacrifici, rischi e impegno, avevano semplicemente tenuto accesa la fiaccola della fede, facendo continuare miracolosamente quella lunga catena di battezzati che a loro volta si facevano missionari e battezzatori in nome di Cristo. E questo senza che in quelle terre fosse sorta ufficialmente alcuna Chiesa strutturata. Ci sarebbe da inchinarsi di fronte a tanta potenza della fede, quando in Occidente non pochi Cristiani, di fronte alle difficoltà e alla “derisione” di un mondo senza Dio, intiepidiscono la loro fede diventando non missionari ma in parte complici di quello stesso mondo, contrabbandando questa complicità con la necessità di “aprirsi” alle necessità e alle esigenze del mondo cosiddetto moderno.
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