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La cialtroneria della “scrittura intelligente”

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Un tempo il concetto di intelligenza era connesso all’indipendenza di pensiero e di espressione;

poi sono state imposte la faciloneria e la superficialità liberiste, sviluppate negli Stati Uniti e sempre più diffuse in Italia grazie alla complicità di una destra interessata solo al denaro e incurante delle nostre tradizioni (a cominciare dalla lingua) e di una sinistra interessata solo alle libertà individuali e ostile alla stessa idea di comunità in quanto politicamente scorretta.

Così Gmail può impunemente (ossia senza provocare alcuna opposizione) spacciare per “intelligente” il comportamento di chi, invece di provare a riflettere e poi a tradurre in parole tale sforzo, si limiti ad accettare i “suggerimenti di scrittura” di un programma e, dietro di esso, di una megamultinazionale. Con quale vantaggio? “Risparmiare tempo”, da sempre uno dei comandamenti del capitalismo, inizialmente applicato agli operai nella catena di montaggio o ai raccoglitori a cottimo di arance in California (ricordate “Tempi moderni” di Chaplin e “Furore” di Steinbeck?), adesso esteso ai consumatori e alla loro vita quotidiana, anche fuori del lavoro, anche quando si stia scrivendo a un amico.

La stessa fretta che sta spingendo decine di milioni di italiani ad acquistare su Amazon

invece di “perdere tempo” andando in un negozio locale o almeno facendo una ricerca su internet, benché tale pratica stia portando alla distruzione delle piccole imprese italiane e all’ulteriore indebolimento della classe media. Negli ultimi due o tre anni solo un paio prodotti li ho dovuti ordinare su Amazon perché mi servivano ed erano impossibili da trovare altrove; tutti gli altri sono riuscito a comprarli da altri, o in qualche caso la difficoltà nel reperirli mi ha permesso di accorgermi che erano del tutto superflui. Però, certo, se invece mi fossi servito sùbito di Amazon, un clic e via, avrei “risparmiato tempo” e così dimostrato la mia “intelligenza”.

Da notare

che nell’originale inglese non si parla di “scrittura intelligente” bensì di “smart composing”. Smart: che gli italiani, linguisticamente colonizzati, traducono con “intelligente” mentre significa soprattutto “scaltro”, “astuto”, “furbo”. Valori assoluti nella società americana, in cui dunque non c’è più bisogno di parlare di intelligenza, solo di capacità di avere successo con qualsiasi mezzo e incuranti delle conseguenze di medio e lungo termine; ma in Italia? Mi pare che ci siano ancora delle resistenze. Sarebbe bene che diventassero consapevoli e che si organizzassero politicamente, prima che sia troppo tardi.

Francesco Erspamer

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Federico Altea

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