Il Governo defenestrato da Mattarella, potrebbe rientrare dal portone principale tra qualche mese. Più forte, più verde e più euroscettico.
Ciò che si può evincere dalla guerra senza quartiere andata in scena nelle solenni stanze del Quirinale, è che Mattarella si sia sintonizzato sulla stessa frequenza che i mercati sfruttano per fluttuare nell’etere. A tal punto che la più alta carica dello Stato ha iniziato a ragionare esattamente come loro, ovvero nel breve periodo.
Se l’obiettivo era quello di scongiurare un governo euroscettico con una quota (approssimativamente) di minoranza leghista, il risultato prodotto rischia di essere di segno diametralmente opposto. Infatti, a meno che il Presidente della Repubblica non sia un’insospettabile talpa salviniana infiltratasi nella stanza dei bottoni, la decisione di opporre il veto a Paolo Savona e al governo giallo-verde, ha tutte le carte in regola per potersi trasformare in uno dei più eclatanti atti di tafazzismo politico nella storia repubblicana. L’humus nel quale germoglierà la prossima campagna elettorale non potrà che favorire le forze sconfessate da Mattarella, le quali avranno la possibilità di avvicinarsi al voto, cavalcando il malcontento di un popolo che si è sentito delegittimato dal suo più illustre connazionale. Un connazionale che ha esplicitamente sdoganato, a reti unificate, il ruolo da comprimario del cittadino rispetto a quello di governi stranieri, spread, istituzioni sovranazionali ed agenzie di rating.
Un altro aspetto che giocherà un ruolo non indifferente nell’orientare le urne verso un plebiscito “antipresidenziale”, è la totale assenza di precedenti nella decisione di Mattarella. O meglio, l’assenza di precedenti politici. I casi di Previti, Maroni e Gratteri videro sì alcuni “illustri” predecessori rigettare il nome di questo o quell’altro potenziale ministro, ma per motivi legati ad un conflitto di interessi o ad un’indagine giudiziaria pendente. Nella giornata di ieri, il Presidente della Repubblica ha ammesso senza giri di parole, né figure retoriche bersaniane, di essersi messo di traverso per tutelare il dicastero di Via XX Settembre dalle posizioni antieuropeiste (per la verità, non così estreme come borbottato dalla nostra canea di pennivendoli) del principale candidato: un rifiuto fondato sull’orientamento personale di Savona, che indica il cosciente superamento della sua funzione di garante super partes.
Alla luce di quanto testé riportato e dell’incessante impennata di consensi fatta registrare dalla Lega nelle regionali
“Sergio, perdonaci per la nostra passata prepotenza. Oggi vogliamo renderti la vita più agevole e partire con la giusta sinergia. Perciò, se Savona continua a risultarti indigesto, abbiamo preparato un paio di alternative: Alberto Bagnai e Claudio Borghi. Prenditi il tempo che ti serve.
Con affetto, Matteo Salvini”.
Filippo Klement
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