Affari di Palazzo

Shock in Francia: repressioni violente della polizia e leggi contro la libertà di espressione

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La violenza inaudita con la quale la polizia in Francia ha gestito la protesta pacifica per i migranti senza tetto genera indignazione e la polemica si riaccende. Sotto accusa il prefetto di Parigi e in crisi il motto libertè, egualitèe e fraternitè.

Lunedì scorso la polizia a Parigi ha mostrato il suo lato meno umano durante lo sgombero dell’accampamento di fortuna allestito in place de la République in segno di protesta per il trattamento e le condizioni di vita di alcuni rifugiati senza tetto. L’allestimento dell’accampamento era stato organizzato da associazioni umanitarie, con l’intento di “rendere visibili coloro che si cerca di disperdere. Le immagini che ora circolano in rete mostrano la polizia che malmena e che getta a terra i manifestanti, con una violenza gratuita verso soggetti non armati. La procura di Parigi ha aperto un’inchiesta e anche Médecins sans frontières ha sporto denuncia contro il prefetto Didier Lallement, già criticato per la gestione violenta durante le proteste dei gilet gialli.

Una brutale repressione déjà

Sono numerose le inchieste aperte per le azioni pericolose e sproporzionate della polizia francese che già dalle proteste dei gilet gialli si era distinta per l’utilizzo di armi dissuasive violente e non necessarie. Attraverso l’analisi di immagini ed interviste, Le Monde ricostruisce in particolare il caso di un manifestante dei gilet gialli gravemente ferito alla testa dalla polizia, finito in coma farmacologico e che ancora oggi soffre di disturbi causati dall’aggressione. Come questo, centinaia di casi simili si sono verificati durante i mesi di proteste dei gilet jeune.

Documentare la polizia in servizio diventerà illegale

Il governo francese in questi giorni assiste inoltre alle proteste contro la nuova legge che renderà illegale la diffusione di foto o video della polizia mentre è in servizio. La legge proposta da un deputato lo scorso maggio fa parte della legge sulla “sicurezza globale” ed è già stata approvata dall’Assemblea nazionale. L’articolo 24 prevede fino a 45mila euro di multa e addirittura un anno di carcere per le immagini che permetterebbero l’identificazione di un poliziotto durante il servizio. L’indignazione dei cittadini cresce a tutti i livelli nei confronti di un paese che ha sempre vantato tolleranza e libertà di parola e che ora minaccia di ledere il diritto fondamentale e imprescindibile della libertà di informazione.

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Francesca Russo

Francesca, laureata in Comunicazione Interculturale, oggi studentessa al secondo anno magistrale in Area and Global Studies for International Cooperation presso l'Università degli Studi di Torino.

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