I giudici si affidano ciecamente e senza raziocinio a consulenti tecnici e psichiatri, che fanno magari anche bene il loro lavoro, ma che se dicono all’organo giudicante che li ha interpellati che uno è guarito, non vuol dire che non abbia da scontare la sua pena. Come al solito non fanno applicare la legge. “chiunque cagiona volontariamente la morte di un uomo è punito con la reclusione non inferiore ad anni ventuno”. Riconoscere la semi infermità a uno che guida la macchina, che scappa a casa da un parente, che nel ’91 ammazza la moglie e poi per gelosia va a sparare (davanti al tribunale) alla seconda, ormai ex, con il suo nuovo compagno è da fuori di senno (loro sì, per davvero). Qui il problema non è il “femminicidio” e stronzate inventate ad hoc, ma più che altro il fatto che finché nessuno si indignerà pubblicamente e politicamente perché i giudici stravolgono lo stato di diritto (il ché non vuol dire criticarli perché ce l’hanno con te in quanto imprenditore o per circostanze personali) ci meriteremo leggi come il “femminicidio”, palesemente incostituzionale perché va contro l’uguaglianza dei cittadini e la cui fattispecie è già compresa nelle aggravanti (inferiorità fisica della vittima) dell’omicidio, che puntualmente vengono disattese.
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