La questione fondamentale sul tavolo è l’economia, il capitombolo dell’euro, l’instabilità politica, l’ennesimo governo non votato da nessuno che si profila, ma di questo cianciano già tutti. Del fatidico riavvicinamento della gente alla politica espresso da Renzi nella sua dignitosa conferenza stampa della sconfitta (e delle dimissioni), invece, ha senso spendere due parole.
Non è vero!
La gente non si è riavvicinata a un bel niente: questo progetto di riforma costituzionale ha spaccato il paese più litigioso del mondo, quando una riforma costituzionale deve essere il più possibile condivisa. Il 40% di votanti che hanno detto sì al cambiamento lo hanno fatto con meno convinzione di chi ha votato no, ma si tratta di gente che, salvo i pochi puri renziani rimasti, ha fatto un’analisi dei pesi e contrappesi, ritenendo lecitamente che referendum propositivo e abolizione del Cnel valessero la riforma pasticciata del Senato, che seguiterà comunque ad essere il solito mostro burocratico.
La gente ha votato perlopiù di pancia: non si è “riavvicinata alla politica”. La “ggente” ha espresso il malanimo sociale cavalcato dai partiti populisti (lega, 5s e zombie berlusconiano) indicando un no lecito, ma non certo dettato dalle alte raccomandazione dei giuristi illuminati.
La democrazia, l’imminente governo tecnico non votato da nessuno e l’infornata di burocrati e poltronari non faranno salire di un altro punto e mezzo il pil come, nel bene e nel male, ha fatto il governo Renzi. Ma dio salvi la costituzione, dio salvi la televisione, dio salvi Zagrebelsky e Travaglio…
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