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Jihadisti dell’Isis reclutati in Italia

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I jihadisti che non ti aspetti.
– di eupop.it –

Due albanesi e un italiano di origine marocchina, che sarebbero stati in contatto con un italo-marocchino inserito nella lista dei 65 foreign fighters italiani, sono stati arrestati nell’ambito dell’operazione “Balkan Connection”. Per la prima volta nel nostro Paese è stato contestato il reato di reclutamento. I tre sarebbero parte di una cellula terroristica, in collegamento con le milizie dell’Isis, operante tra l’Italia e i Balcani.

Ci sarebbe già stato un giovane italo-algerino, residente nel bresciano, pronto a partire per la Siria. Nel quadro della medesima operazione sono state eseguite diverse perquisizioni in Piemonte, Lombardia e Toscana. Uno scenario, quello che emerge dalle indagini, che fa parlare di “jihadisti della porta accanto”.

Al netto di chi cerca di lucrare un po’ di consenso pestando duro sul tasto dell’allarme, cosa si può dire di fronte a un fatto che sicuramente scalfisce molte delle nostre certezze? Nessuno, fra Lanzo e Ciriè, nel torinese, dove sono stati fermati i due giovani arrestati avrebbe potuto immaginare che questi ragazzi, apparentemente integrati, potesse nascondere un segreto tanto inquietante. Certamente non si deve dedurne che dietro ogni islamico vada visto un potenziale terrorista.

Per quanto non spetti al “Taccuino” avventurarsi sugli aspetti che le indagini appureranno, non si può non essere colpiti dall’apparente normalità (nessuna barba lunga o frequenza assidua della moschea) degli arrestati, che pure sentivano l’urgenza di connettersi e connettere – il termine del linguaggio del web non è usato a caso, essendo la rete l’ambito in cui la cellula operava – al Califfato.

Allargando lo sguardo e la ragione non possiamo non interpellarci sul limite di una visione dell’integrazione che si fonda esclusivamente sulla eliminazione delle identità in favore di una visione neutralista e consumista, che anestetizza i cuori e rischia di far vedere nella violenza l’unica strada per affermarsi.

Ci troviamo certamente di fronte a una questione di sicurezza nazionale, ma l’emergenza che questa vicenda rileva è quella antropologica ed educativa. Occorre posare l’illusoria certezza che immaginando l’individuo post-identitario si possa costruire una vera convivenza civile.

La pace non è mai frutto dell’irenismo, come certe teorizzazioni “politicamente corrette” del dialogo voglio farci credere. L’inquietudine di ogni cuore chiede di essere presa davvero sul serio. Altrimenti dal mare magnum della virtualizzazione dei rapporti può emergere il mostro di un fondamentalismo che cresce a nostra insaputa, mentre, per dirla con il poeta Ermanno Eandi, “viviamo benissimo, non sapendo di essere morti da sempre
Fondazioneeuropapopolare – eupop.it

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Redazione Elzeviro.eu

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