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In memoria di Carlo Falvella, ucciso dalla violenza anarchica

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Anni ’70, i pantaloni a zampa, la disco music, la rivoluzione dei costumi, ma anche gli anni di risse, coltelli e pistole. Un clima di estrema tensione politica che ha portato a innumerevoli mattanze come Piazza Fontana, e gli omicidi di Ugo Venturini e Sergio Ramelli. Un clima alimentato dalla mancata pacificazione nazionale dopo la guerra civile italiana del ’43-’45. Da una parte c’erano i neri, gli esclusi, coloro che erano considerati da tutto il istema borghese come i perdenti e i carnefici; dall’altra coloro che erano stati istigati a custodire l’ordine da un improbabile ritorno fascista, anche con le cattive. Chi ha aizzato quelle giovani menti si dovrebbe sentire responsabile morale di tutte le stragi a sfondo politico dell’epoca. Carlo Falvella fu una delle vittime, ucciso il 7 luglio del 1972 dall’anarchico Giovanni Marini. Falvella, appena 19enne, era studente di Filosofia all’Università di Salerno, iscritto al Fuan (organizzazione giovanile del Msi), ne era diventato vice presidente della sezione salernitana. Quello che è successo il 7 luglio è stato estrapolato dalle testimonianze rilasciate da Giovanni Alfinito, amico di Falvello (anch’egli militante nel Fuan) e Giovanni Marini, l’anarchico autore del misfatto, immediatamente confessato. Immaginiamoci due gruppetti di 2/3 persone ciascuno, prima sguardi di disprezzo, poi vola qualche parola di troppo, infine si arriva alle mani. La situazione sfugge di mano e Marini si arma di un coltello che vibrerà senza tanti complimenti addosso ai due “fascisti”. Falvella, portato in ospedale dall’amico, non sopravviverà all’operazione. L’unico partito dell’estrema sinistra a dissociarsi dall’avvenimento e ad esprimere il proprio cordoglio fu il PCI. Lotta Continua dichiarà a caldo: “Le provocazioni fasciste ci sono, e crescono, e il problema concreto urgente che pongono è quello della risposta militante che, cinquant’anni fa come oggi, rappresenta l’unica possibilità per proletari e compagni”. Il Psi non si espresse nemmeno sull’accaduto, mentre l’organizzazione Soccorso Rosso Militante organzzò addirittura una campagna volta a dimostrare l’innocenza di Marini, ricostruendo ad arte uno scenario in cui violenti picchiatori fascisti armati di spranghe e coltelli avrebbero provocato una reazione di difesa legittima. Tra i firmatari di questa chiamiamola “opera teatrale” compare anche Dario Fo. Nemmeno il fatto compiuto e confessato riuscì dunque a far tacere le becere ideologie di partiti militanti, probabilmente i veri responsabili di tutta quella violenza.

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Redazione Elzeviro.eu

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