A seguito della caduta di ogni accusa di collusione di Donald Trump con la Federazione Russa nella propria elezione a Presidente degli Stati Uniti, una nuova indagine – altrettanto clamorosa, ma con fondi di verità e realtà che paiono ben radicati – su un possibile sabotaggio è stata avviata: ovverosia, lo Spygate.
Per coloro che non conoscessero di cosa si tratta, è necessario un piccolo riassunto. Un piccolo sommario, peraltro, difficilmente riscontrabile sui media nostrani: gli unici ad aver seguito con costanza (e con grande merito) il caso sin dai primordi sono stati Atlantico Quotidiano – “Speciale Italygate” -, grazie ad eccellenti e progressivi approfondimenti, ed InsideOver.
Lo Spygate nasce con un tweet, divenuto famoso e molto ri-condiviso, di Donald Trump, risalente al 23 maggio del 2019: «Lo Spygate potrebbe essere uno dei più grandi scandali politici della storia». Il Presidente USA si stava riferendo all’attenzione, venuta in essere dopo la chiusura del Russiagate con la deposizione di Robert Mueller, posta sull’ipotesi che delle agenzie governative avessero agito contro di lui dapprima per non farlo eleggere democraticamente, e poi per disarcionarlo dal suo posto in sella alla Casa Bianca.
ed il Dipartimento di Giustizia avrebbero commesso un lampante abuso di potere per intromettersi nelle elezioni statunitensi e condurre alla vittoria della Democratica Hillary Clinton: non riuscendoci. Peraltro – e qui viene il bello – in collaborazione con servizi segreti di altri Paesi, alleati degli USA: l’Australia, il Regno Unito e l’Italia. La quale, all’epoca, si trovava sotto il governo prima di Matteo Renzi e poi di Paolo Gentiloni.
Nei mesi della rovente estate del 2019, il Procuratore Generale a stelle e strisce William Barr ha dato alla luce un team investigativo di spessore, capitanato dal procuratore John Durham, con l’obiettivo di approfondire la vicenda dello Spygate. Il quale, niente di meno che al tramonto di settembre, è giunto in Italia: dapprima, William Barr ha fatto una visita a Roma, considerata persino il fulcro estero della vicenda sul Russiagate; in seguito, il senatore Lindsay Graham ha scritto ai tre primi ministri australiano, britannico ed italiano affinché collaborino con il Dipartimento di Giustizia americano.
Le indagini stanno infervorandosi e facendosi sempre più calde: non incidentalmente, George Papadopoulos, ex membro del Comitato Consultivo per la politica estera nella campagna presidenziale di Trump, ha scritto su Twitter, in maniera criptica: «Roma sta bruciando!». La conferma arriva anche da Rudy Giuliani, ex primo cittadino newyorkese ed avvocato del tycoon: le indagini di Durham proseguono imperterrite.
Come evolverà? L’Italia ha davvero co-cospirato affinché un candidato presidente di un Paese alleato – addirittura, gli Stati Uniti d’America in persona – non venisse democraticamente eletto? Solo il prosieguo delle indagini lo confermeranno o meno.
Nel frattempo, potrebbe essere quanto mai interessante e necessario (anche se non esaustivo) apprendere qualche nozione in più su questa lettera appena giunta sul tavolo del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Di seguito, riportiamo due traduzioni assolutamente centrali: una da un pezzo di The Hill; l’altra niente di meno che dalla stessa lettera del Senato USA.
Il Senatore Lindsay Graham (Repubblicano – Eletto nello stato della Carolina del Sud) sta sollecitando ben tre governi stranieri a collaborazione con la sezione specifica del Dipartimento di Giustizia affinché vengano alla luce le scaturigini dell’investigazione sulla Russia [ovverosia, della paventata ed infine non dimostrata collusione di Donald Trump con Mosca, per vincere le elezioni presidenziali del novembre del 2016, N.d.R.].
Graham, il Presidente del Comitato Giudiziario del Senato americano, mercoledì [2 ottobre 2019, N.d.R.] ha inviato una lettera ai governi di Italia, Australia e Regno Unito con il fine di difendere la sensibilizzazione del lavoro del Procuratore Generale William Barr, come parte dell’indagine.
«Che il Procuratore Generale stia organizzando incontri con i vostri Paesi perché questi ultimi aiutino le indagini del Dipartimento di giustizia su quanto accaduto, è un fatto che rientra nei confini delle sue normali attività. Egli sta semplicemente facendo il suo lavoro», ha scritto Graham nella sua lettera.
Inoltre, egli ha aggiunto di aver chiesto «che i vostri Paesi continuino a cooperare con il Procuratore Generale Barr, mentre il Dipartimento di Giustizia continua ad indagare sulle origini e sull’entità delle influenze straniere nelle elezioni presidenziali nel 2016».
«Questo articolo del New York Times è un tentativo di bloccare Barr… Tuttavia, di cosa hanno paura? Questo mi preoccupa molto, il fatto che la sinistra statunitense cercherà di dire che c’è qualcosa di sbagliato nella scelta di Barr di parlare in via diretta con Australia, Italia e Regno Unito», ha sostenuto Graham in una sua intervista a Fox News nei giorni appena trascorsi.
Secondo quanto riferito, Barr ha per di più parlato con i funzionari di Italia e Regno Unito. Le conversazioni hanno seguito la dichiarazione del Procuratore Generale, venuta in essere all’inizio di quest’anno, secondo cui egli aveva intenzione di indagare sulla raccolta di informazioni in merito alla campagna di Trump durante le elezioni nel 2016, per determinare se fosse «adeguatamente fondato».
Alla cortese attenzione dei Primi Ministri Morrison [Australia], Conte [Italia] e Johnson [Regno Unito],
A seguito della pubblicazione, nella giornata del 30 settembre 2019, dal parte del New York Times di un articolo nel quale si sosteneva che il Procuratore Generale degli Stati Uniti William Barr stesse «utilizzando una diplomazia di alto livello per portare innanzi i personali interessi politici [del Presidente Donald Trump]», io Vi scrivo per chiedere la continua cooperazione, da parte dei Vostri Paesi, con il Procuratore Generale William Barr, nel frattempo che il Dipartimento di Giustizia [americano] sta proseguendo nelle indagini sulle origini e sull’entità delle influenze straniere nelle elezioni presidenziali del 2016.
Uno dei principali doveri del Procuratore Generale degli Stati Uniti è quello di supervisionare le indagini correnti ed in fase di investigazione da parte del Dipartimento di Giustizia. Inoltre – come senza ombra di dubbio voi sarete consapevoli -, Australia, Italia e Regno Unito quotidianamente si scambiano informazioni sulle forze dell’ordine gli uni con gli altri, per fornire assistenza nel corso delle indagini.
e le unità di intelligence abbiano fatto affidamento a dei servizi segreti stranieri come parte dei loro sforzi tesi ad investigare ed a monitorare le elezioni presidenziali del 2016. Questi succitati sforzi includono:
Il fatto che il Procuratore Generale stia organizzando degli incontri con i Vostri Paesi, affinché essi aiutino nell’indagine del Dipartimento della Giustizia americano su quanto accaduto, rientra appieno nei limiti delle sue normali attività. Egli sta semplicemente facendo il suo lavoro.
Perciò, io Vi scrivo per sollecitarVi a continuare a cooperare con il Procuratore Generale degli Stati Uniti, nel frattempo che egli prosegue queste importanti investigazioni riguardanti le origini delle indagini avviate [a loro tempo] dal Dipartimento di Giustizia sulle interferenze straniere nelle elezioni presidenziali del 2016 [il Russiagate].
Uno straordinario sunto dello Spygate, negli Stati Uniti, degnissimo di essere letto con cura ed attenzione, è stato redatto da Jeff Carlson su The Epoch Times, in un lungo e valevole articolo risalente al 12 ottobre 2018 e dal titolo “Spygate: la vera storia della collusione. Come le più potenti agenzie degli Stati Uniti sono state utilizzate come armi contro il Presidente Donald Trump”. L’immagine qui riportata è tratta dal profilo Twitter del medesimo The Epoch Times.
Articolo originale di Jordain Carney su The Hill; Lettera originale di Lindsay Graham dal Senato degli Stati Uniti – Traduzioni e commento a cura di Lorenzo Franzoni
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