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Il battibecco a distanza tra Giorgetti e Borghi sulla questione minibot, evidenzia un aspetto ampiamente ignorato nell’arco dell’ultimo anno: anche all’interno del Carroccio esistono le correnti.

Parlare di stolti che hanno ignorato la luna e fissato il dito sarebbe iperbolico, ma sicuramente si può asserire che ci sia stata una evidente sottovalutazione del problema. In questo anno e qualcosina di governo gialloverde, opinionisti ed illustri commentatori dei meccanismi politici si sono perlopiù concentrati sulle incompatibilità ideologiche, sui contrasti dialettici e sulle lotte intestine – elettorali e non – presenti all’interno dell’esecutivo. Faide spesso descritte come un inequivocabile marchio di fabbrica.

Una realtà che, al netto delle esasperazioni un po’ caricaturali (e funzionali a dipingere il governo Conte quale più goffo ed incompetente dei precedenti), è di tutta evidenza e non si vuol certo tentare di revisionare. Tutt’al più, ciò su cui si vuole riporre l’accento è il fatto che l’esasperata focalizzazione sui difficili rapporti all’interno della maggioranza, abbia oscurato un’altra spaccatura non così marginale: quella tra le correnti della Lega.

La stoccata di Giorgetti

Il Carroccio è sempre stato descritto come un partito che deve la sua crescita esponenziale e la sua solidità ad aspetti quali la classe dirigente politicamente navigata, la struttura gerarchica forte e l’assoluta centralità del suo leader; ma soprattutto, il vantaggio che più di tutti appariva decisivo rispetto ai predecessori che si sono avvicendati alla guida del paese, era l’assenza delle famigerate correnti. Per intenderci, quella che si è rivelata essere la principale causa del naufragio del Partito Democratico.

Eppure, così non è: come si è potuto appurare in occasione del recente battibecco a distanza sulla questione minibot, tra Giancarlo Giorgetti e Claudio Borghi. Il sottosegretario alla presidenza del consiglio ha infatti screditato la proposta del presidente della commissione bilancio della Camera, bollandola come inverosimile. Una stoccata che il promotore dell’iniziativa è stato molto abile a stemperare, attribuendo la responsabilità del polverone alla manipolazione mediatica, ma che non cambia di molto la sostanza.

La corrente “responsabile” e quella euroscettica

Il leader leghista Salvini in mezzo a Borghi e Bagnai

All’interno della Lega ci sono due anime. Una dai connotati e dall’appeal più istituzionale, dialetticamente abbottonata, liberista in campo economico e più propensa al dialogo tanto con il Presidente della Repubblica, quanto con l’Unione Europea; e un’altra più battagliera dal punto di vista comunicativo, reazionaria, sovranista, dirigista, euroscettica e con l’evidente volontà di rimettere l’economia sotto il controllo della politica. Una capitanata da Giorgetti e Garavaglia, l’altra da Borghi e Bagnai.

Una spaccatura che fin qui è passata sotto traccia, anche grazie all’abilità comunicativa di Salvini, il quale, polarizzando su di sé tutta l’attenzione mediatica, ha creato nell’immaginario popolare un’impressione di inscalfibile coesione. Una coesione di cui sicuramente il leader leghista si sta facendo garante, ma che nel lungo periodo sarà sempre più difficile assicurare. Specialmente quando arriverà “l’ora delle decisioni irrevocabili” in materia economica e fiscale, l’ora in cui l’anima keynesiana del carroccio potrebbe non aver più intenzione di sottostare alle  logiche di compromesso prese in nome della responsabilità. Quelle stesse logiche alle quali Borghi e soprattutto Bagnai sono antropologicamente ostili e che hanno, più di ogni altra cosa, stimolato la loro discesa in campo.

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Filippo Klement

Classe 1990, ha studiato giurisprudenza, a latere un vasto interesse per la storia contemporanea e la politica.

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