Un po' di storia
Nell’immediato dopoguerra era stata messa in discussione la possibilità della continuazione dell’IRI a causa del suo coinvolgimento con la politica economica del regime fascista. Ma, prima la Commissione Alleata di Controllo, poi la Commissione Economica dell’Assemblea Costituente, in seguito all’esame complessivo della questione, conclusero che l’IRI rispondeva ad un’esigenza strutturale, non transitoria, dell’economia italiana ed era destinato a costituire uno strumento importante per la ricostruzione post-bellica e per lo sviluppo dell’economia italiana.
Dal 1945 fino agli anni ’70 l’IRI fornì, infatti, nel quadro delle condizioni favorevoli che si aprirono, un contributo decisivo all’eccezionale sviluppo economico che caratterizzò l’Italia di quegli anni.
Se oggi la siderurgia rappresenta un settore maturo, con possibilità di approvvigionamento dall’estero a condizioni normalmente affidabili e convenienti, non era così nella situazione di quegli anni. La realizzazione di un sistema innovativo di impianti costieri a ciclo continuo (il c.d. ”piano Sinigaglia”, dal nome del suo ideatore) condusse al superamento di una strozzatura storica del sistema produttivo nazionale e costituì una condizione per la crescita dell’industria meccanica italiana.
Così, la realizzazione dell’Autostrada del Sole (e del successivo programma autostradale) rappresentò la creazione di una infrastruttura di grandissimo rilievo per il sistema dei trasporti e per l’assetto territoriale nazionale, nonché un caso di project financing di successo.
In questo quadro si collocarono alcune realizzazioni, il cui valore va rapportato al contesto di quegli anni: la creazione delle rete nazionale delle telecomunicazioni, che posizionò allora l’Italia fra i primi paesi in Europa; l’impianto e sviluppo del sistema radiotelevisivo; la creazione della compagnia aerea di bandiera.
L’impulso innovativo fu perseguito con significative iniziative nelle tecnologie di punta: l’industria elettronucleare, l’elettronica strumentale, civile e militare; la microelettronica, l’aerospaziale, la prima “software house” italiana, la creazione di strutture di ricerca e sviluppo collegate ai principali settori di presenze del Gruppo.
In questo complesso di attività, un impegno di rilevanti dimensioni fu rivolto nell’indirizzare gli investimenti delle imprese del Gruppo nelle regioni del Mezzogiorno, nella visione di realizzare iniziative di rottura dell’isolamento, motrici di sviluppo. Questo impegno era in effetti stato già impostato nell’immediato dopoguerra con la costituzione nel 1946 della Svimez (Associazione per lo Sviluppo Industriale del Mezzogiorno), a cui contribuì direttamente l’IRI anche con l’impegno di uno dei suoi più rappresentativi dirigenti, Pasquale Saraceno.
Nel 1953 viene istituito l’ENI (Ente Nazionale Idrocarburi) originato dagli sviluppi dell’AGIP, guidato dal dopoguerra da Enrico Mattei, e che assunse, sul modello IRI, la forma di Ente pubblico di gestione. Nel 1956 venne istituito il Ministero delle partecipazioni statali a cui venne conferita la titolarità dei poteri d’indirizzo del sistema che era articolato in Enti di gestione. Nel 1964 si costituì l’EFIM (originato dal FIM, fondo di aziende specializzate in industrie belliche entrate nel patrimonio statale). Nel 1962 con la nazionalizzazione dell’industria elettrica era stato istituito l’ENEL.
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