La capacità di adattamento è la peculiarità umana che più di ogni altra sancisce la sopravvivenza o l’estinzione di una specie. In soldoni chi non comprende le dinamiche e i cambiamenti in atto nell’ambiente circostante ha già fatto un passo nella fossa.
Questo concetto, un po’ estremizzato, è il sunto che accompagna l’evoluzione della nostra società. Applicando il ragionamento alle ultime elezioni politiche italiane sembra palesarsi un risultato netto e indiscutibile.
Ovvero il cammino verso l’estinzione dei movimenti cosiddetti moderati e progressisti. Quelli che nella vulgata
conosciamo in Italia come centro destra e centro sinistra, coloro che hanno dominato la scena della II Repubblica. Sconfitti nei numeri, ma soprattutto nei temi, nelle idee e nella cultura sottostante. Possiamo sintetizzare in due concetti chiave il fallimento di queste due forze.
Da una parte l’incapacità di avere una visione definita del mondo presente e a venire ha appiattito così verso il basso la discussione all’interno del proprio elettorato. Dall’altra parte c’è la totale inesperienza nell’utilizzo delle nuove frontiere della comunicazione. Centro destra e centro sinistra , rinunciando a diventare laboratori di idee, hanno semplicemente accettato quanto elaborato da altri. E così hanno fatto proprie le lezioni di Fukuyama sulla “fine della storia” e l’avvento di un’era dominata dalle democrazie liberali e liberiste a trazione americana.
Questa visione comprendeva anche la conquista di ogni angolo del mondo attraverso il libero scambio e la conseguente omologazione delle culture “altre” a quella ritenuta, illegittimamente, giusta. Ovvero quella occidentale.
In questo modo l’elettorato dei due movimenti non ha più potuto discutere di temi fondamentali quali il ruolo dell’Italia in Europa e nel mondo, come coniugare la globalizzazione liberista con la tutela dei diritti sociali, come garantire la continuità dell’essenza umana di fronte a un radicale cambiamento tecnologico. Dibattiti spenti sul nascere perché le risposte erano state già date a livello sovranazionale. Washington e Bruxelles sono state le garanti per la risposta corretta dei loro sudditi. Così l’elettorato moderato si è dovuto appiattire su tematiche culturalmente poco edificanti.
Dai bunga bunga ai rimborsi, finanche la caccia al cugino di quinto grado del nipote di tale politico che aveva ricevuto una promozione favorevole in tenera età. La decade dei governi tecnici ha poi enfatizzato ancor di più quest’aspetto. Un periodo dove tutta questa piatta ideologia dominante non è stata solo una “posizione”, ma un vero e proprio dogma. In questo mondo i mezzi di informazione dominanti, stampa, televisione e radio, hanno svolto il semplice ruolo di cassa di risonanza di tali movimenti politici.
E così arriviamo al secondo punto fondamentale di questa sconfitta. Ovvero i mezzi di comunicazione. Mentre Scalfari e Sallusti riempivano d’inchiostro pagine su accuse e difese a Berlusconi, su altri canali nascevano e si diffondevano personaggi culturalmente di tutto rispetto pronti a uscire dai piatti canoni del dibattito politico italiano. Scopriamo così che in tutto questo tempo si è sviluppata una solida cultura euro scettica, basata non sul lavoro di qualche blogger complottista, ma sulle idee di rispettabilissimi economisti. Il Professor Paolo Savona è la punta di un iceberg composto da intellettuali del calibro di Alberto Bagnai, Claudio Borghi, Paolo Becchi, Paolo Barnard, ma anche Massimo Fini.
Il web ha così dato a questi personaggi quello spazio che gli era stato negato sulle pagine di Repubblica e Corriere
C’è un poi un ultimo aspetto che decreta in maniera ancora più clamorosa questa sconfitta. L’avvicinamento tra i due schieramenti nemici.
“Tra Di Maio e Berlusconi, preferisco Berlusconi”,
così Eugenio Scalfari rinnega in una battuta quarant’anni di attività giornalistica, passata ad accusare l’ex leader del centro destra.
“In questa legislatura saremo all’opposizione”
ha da parte sua detto Berlusconi. Banchi d’opposizione che saranno così condivisi con il centro sinistra. Ecco che finalmente si stanno formando i due veri blocchi contraddistinti della nuova società italiana. I sovranisti da una parte e i globalisti dall’altra.
di Gabriele Tebaldi
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