Esteri

Referendum in Svizzera: crescita economica a discapito di etica e responsabilità

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Domenica 29 novembre in Svizzera si è votato per due proposte di legge di iniziativa popolare che avrebbero potuto avere conseguenze in tutto il mondo.

Questo referendum, a differenza di altri, si è distinto non soltanto per il riverbero che avrebbe avuto a livello globale, ma anche per la grande affluenza e mobilitazione attiva.

Entrambe le proposte di legge sono state respinte, approvate dalla maggioranza degli elettori ma non dalla maggioranza dei 26 cantoni, requisito necessario affinché l’iniziativa potesse essere approvata. La prima legge “Per imprese responsabili – a tutela dell’essere umano e dell’ambiente” riguardava la responsabilità delle aziende per l’impatto che hanno sulla società e sull’ambiente, frutto delle campagne delle ONG svizzere che da oltre dieci anni hanno cercato di portare alla luce questa problematica. La legge avrebbe previsto l’avvio di un’azione legale se si fossero verificate violazioni di diritti umani o danni all’ambiente da parte di una delle controllate estere di un’impresa con sede in Svizzera.

La seconda proposta “Per il divieto di finanziare i produttori di materiale bellico” proponeva di vietare alla Banca Nazionale Svizzera di investire o concedere prestiti ad imprese il cui fatturato annuo derivasse per oltre il 5% da materiale bellico. Il paese, pur avendo già una legge che vieta finanziamenti, nonché fabbricazione e commercializzazione di armi, nel 2019 avrebbe invece investito circa 9 miliardi di dollari in aziende che producono materiale bellico.

Vince il “No”

L’opposizione alla prima legge considerava l’iniziativa una proposta dannosa per l’economia svizzera e che le imprese sarebbero colpite su due fronti: svantaggiate nella concorrenza essendo continuamente esposte al rischio di incorrere in cause legali e costi aggiuntivi per i controlli sulla catena di approvvigionamento.

Gli oppositori all’iniziativa della seconda legge invece fanno leva sulla messa in discussione dell’indipendenza della Banca centrale svizzera, limitandone la politica d’investimento. Inoltre, l’opposizione afferma che la proposta colpirebbe le piccole e medie imprese che producono componenti, ridurrebbe le entrate delle casse previdenziali e simboleggerebbe un’azione offensiva contro l’Esercito svizzero.

La Svizzera neutrale

Per quanto concerne l’iniziativa sullo stop al coinvolgimento della svizzera nel commercio bellico, i partiti di sinistra, le ONG e diversi movimenti hanno fatto leva sull’incompatibilità della neutralità della Svizzera.

La nazione, con una densità tra le più alte di multinazionali, prende una posizione: interessi economici al primo posto, imprese più etiche e responsabili al secondo.

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Francesca Russo

Francesca, laureata in Comunicazione Interculturale, oggi studentessa al secondo anno magistrale in Area and Global Studies for International Cooperation presso l'Università degli Studi di Torino.

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