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Attentato a Gerusalemme: in arrivo la terza Intifada

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Un camion guidato da un palestinese si è lanciato su un gruppo di soldati israeliani nella giornata di ieri.

Sono quattro le vittime, tre uomini e una donna. L’autista dopo aver colpito i soldati non si è allontanato dal luogo dell’attentato, ma avrebbe effettuato marcia indietro per “completare” la missione. L’autore dell’attentato, Fadi al-Qanbar, è stato poi crivellato di colpi da due militari israeliani ed è deceduto. Aveva una patenta israeliana e guidava un camion con la targa di Israele.

Hamas ha applaudito all’attentato attraverso il portavoce del movimento islamico Hazzem Qassem,  che sulla pagina Facebook si è così espresso: “Le continue operazioni in Cisgiordania e a Gerusalemme est provano che l’Intifada di Gerusalemme non è un evento isolato, ma piuttosto una decisione del popolo palestinese di ribellarsi finché non otterrà la sua libertà e liberazione dall’occupazione israeliana“. Dalle dichiarazioni sembra dunque che non vi sia responsabilità diretta del movimento di Hamas, ma che l’episodio possa essere una personale iniziativa dell’individuo.

Il Primo Ministro israeliano Netanyahu ha subito convocato il Consiglio di difesa del Governo dichiarando che l’attentatore è “un sostenitore dell’Isis“. La tensione tra Israele e Palestina pare essere di nuovo tornata alle stelle. Dalla risoluzione UNESCO, passando per gli incendi di matrice sconosciuta sviluppatisi in tutti i territori israeliani, sembra che l’andamento punti diretto verso un conflitto. Gli ambienti politici israeliani non aiutano a smorzare la tenzione, anzi.

Il Portavoce del Ministero degli Esteri israeliano, Emmanuel Nahshon ha così affermato dopo l’attacco: “Quando il mondo capirà che il problema è l’odio palestinese?“, mentre per Ruth Dureghello, presidente della Comunità ebraica di Roma, l’attacco è “conseguenza della risoluzione negazionista”. Toni forti che puntano il dito sull’intera comunità palestinese, invece che isolare l’attacco a una ristretta cerchia di precisi mandanti.

L’atteggiamento del Governo israeliano Netanyahu, fin dal suo insediamento, non ha mai aperto uno spiraglio di dialogo volto alla pacificazione. Oggi subisce i frutti marci del suo raccolto.  

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Redazione Elzeviro.eu

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