I media ondeggiano vagamente sulla paternità di Isis o sulla impossibilità del gruppo terrorista di inverare un tale attacco.
Sembra invece ormai appurato che l’aereo che sulla penisola egiziana del Sinai è precipitato poco dopo il decollo, con duecento e passa russi morti, sia stato fatto brillare in aria. Non un missile dunque, considerata l’altitudine troppo elevata dell’aeromobile, bensì una falla nella sicurezza dei controlli. La colpa, dunque, sarebbe dell’Egitto. Se allo studio della scatola nera è un team congiunto di francesi, egiziani e russi, ci si domanda se sia corretto che l’Egitto ancora in questa storia debba mettere bocca.
Fin dal primo momento, per scopi meramente turistici, l’Egitto ha spinto sulla pista del guasto aereo, su una macchina controllata invero di recente ed in modo accurato. Sharm el Sheik non è più una meta sicura. Lo si dica, e lo si dica forte e chiaro. Ogni due, tre anni, muoiono delle persona in loco o in viaggio, come accaduto in questo episodio.
In allegato il video diffuso dall’Isis, che ha rivendicato con una velocità impressionante l’attentato. Sono state le informazioni raccolte dall’intelligence britannica e da quella statunitense nelle comunicazioni web tra membri di Is tra Siria ed Egitto a convincere i due governi che a uccidere le 224 persone a bordo dell’Airbus A321 russo della Metrojet sia stata una bomba messa dallo Stato islamico.
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