Continua il duello a distanza tra gli americani, i loro alleati e la Russia di Putin. Dopo l’invasione dello spazio aereo da parte di un Mig russo ora il Segretario Generale della Nato manda sinistri avvertimenti a Putin.
Dopo l’escalation dell’intervento russo in Siria che ha portato, sebbene per un breve lasso di tempo, alla violazione dello spazio aereo turco da parte di un aereo militare russo e al lancio di 26 missili dalla flotta nel Mar Caspio, la Nato, nella persona del suo massimo esponente Jens Stoltenberg, ha reagito proferendo all’indirizzo di Putin minacce neanche poi tanto velate. Si è parlato addirittura dell’eventualità di schierare truppe Nato ai confini tra la Turchia e la Siria. Il Segretario Generale dell’alleanza atlantica ha accusato senza mezzi termini la Russia di approfittare del suo intervento anti Isis per distruggere in verità la resistenza di alcuni gruppi di opposizione nei confronti del regime di Assad. (Fonte ANSA). Accusa che ovviamente è stata rispedita al mittente dal portavoce del Cremlino che a sua volta ha accusato gli americani di aver condotto in modo scriteriato i loro bombardamenti a tappeto in Iraq.
La cosa strana e surreale è che, mentre i tagliagole dell’Isis continuano indisturbati nella loro sistematica opera di carneficina nei confronti di chi non condivide la loro fede inveterata nei confronti di Allah, il buon Obama sembra non abbia niente di meglio da fare che continuare a prendersela con Assad considerato, lui solo sì, massacratore e annientatore di popolazioni inermi. Lo stesso storico e inveterato errore che ha permesso all’Isis prima di sorgere e rafforzarsi in Iraq e poi di andare a metastatizzare in Libia grazie alle pruderie di allora anti Gheddafi e anti Saddam Hussein accoppati o fatti accoppare per permettere a qualcuno molto peggio di loro di seminare orrore e terrore. Nessuno in Occidente si era accorto che i due dittatori, pur nella loro surreale autoesaltazione satrapica, erano comunque riusciti fino a quel momento a tenere il coperchio sopra la pentola ribollente del fanatismo islamico.
In questo senso possiamo dire che l’Isis, al di là di irrealistiche interpretazioni che vedono lo stato islamico creato a bella posta dagli stessi servizi di sicurezza americani, è molto più semplicemente e banalmente frutto delle stolte decisioni prese a suo tempo dal governo americano incapace di prevedere le conseguenze a medio-lungo termine delle proprie azioni. Azioni condotte con la leggerezza di un pachiderma in uno scacchiere delicatissimo i cui equilibri erano e sono in continua e imprevedibile evoluzione.
Qui nessuno si permette di sostenere che Mu’ammar Gheddafi e Saddam Hussein fossero due santi o due benefattori del loro popolo ma semmai soltanto di ricordare come l’azione politica di una potenza militare come quella statunitense dovrebbe informarsi a criteri di maggior “real politik” piuttosto che nascondere il proprio imperialismo e i propri interessi sotto la bandiera della democrazia e della lotta ai cosiddetti regimi canaglia. Perché alla fine tutto questo ha permesso che una canaglia cento volte più grande e pericolosa potesse prendere piede e minacciasse l’intero mondo occidentale.
E se ora la Russia sembra essere l’unica potenza ad aver preso sul serio la minaccia del califfo del terrore Al Baghdadi, l’Occidente in questo momento sembra avere soltanto una scelta: o con Putin o in balia dei tagliagole. E di solito tra un male minore, che forse, quasi quasi è più un bene che un male, e uno di gran lunga peggiore non dovrebbero esserci grandi dubbi di scelta. Una volta c’era una canzone che faceva: “Meno male che adesso non c’è Nerone“. Canzone che potrebbe essere ora sostituita da questa: “Meno male che… adesso c’è Putin!”.
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