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Il mercoledì nero cinese

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Sta crollando come un castello di carte il “miracolo” economico cinese.

Quello che aveva fatto crescere la Borsa cinese del 150% negli ultimi 12 mesi, fino a giugno. Poi il crollo verticale. Il 35% perso in nemmeno un mese. Ora sono state sospese le contrattazioni di 1.200 titoli, il 43% del totale, quasi la metà. Anche se quest’operazione pare non aver bloccato la caduto dei titoli: la Borsa di Shanghai ha chiuso con un ribasso del 5,9%, mentre quella di Shenzhen perde il 2,94%.

La Banca centrale cinese ha immediatamente tranquillizzato le piazze garantendo liquidità illimitata finché non verrà riequilibrato il mercato. Un vantaggio per un Paese che può ancora godere di moneta e banca centrale sovrana e statale. Intervenire però a posteriori non potrà comunque evitare degli ingenti danni e perdite per i consumatori, che come al solito saranno le prime vittime delle bolle del capitalismo d’assalto.

La Cina stava perseguendo un’economia basata principalmente sull’export, un “toccasana” secondo gli economisti asserviti. Peccato che l’export comporti sostanzialmente un crollo dei salari (costretti ad abbassarsi per stare dietro alla concorrenza internazionale) e al conseguente crollo della domanda interna. Ora, dunque, gli investitori stanno svendendo tutto ciò che si trovano ad avere in mano di cinese, in particolare i titoli, come dimostra il crollo borsistico.

Il crollo cinese, di cui oggi assistiamo solo all’inizio, comporterà delle ripercussioni sul resto del mondo, considerando l’attività di investitore del Paese più popoloso al mondo. La Cina detiene, per esempio, il 4% del debito pubblico italiano, ovvero 75 miliardi di euro. La possibile uscita di Atene con il crollo cinese saranno delle nuove sfide cui l’Italia dovrà far fronte e il governo Renzi pare non essere all’altezza di tutto questo.  

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Redazione Elzeviro.eu

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