Quello accaduto a Dresda e a Berlino è stato naturalmente sottaciuto dai media di tutto il continente. La plutocrazia ha spento le luci ai ritrovi di patrioti, che volevano pacificamente manifestare contro questa idea di Europa, così lontana dall’Europa dei popoli, che concede un’immigrazione selvaggia ed il proliferare di incompatibili stili di vita, così spesso dettati da estremismi religiosi.
Ad ogni soffuso media italiano o europeo che si rispetti non è sfuggito di indicare come nazisti o filo-nazisti i partecipanti ai cortei anti-islam. Invero, le persone radunate dal movimento Pegida (Patrioti europei contro l’islamizzazione dell’Occidente), che si dice non nazista e parla di radici giudaico-cristiane dell’Europa sembrano, anziché nazionalsocialisti, cittadini stanchi della politica della Germania. A loro è stato riservato il democraticissimo espediente dello spegnimento delle luci delle piazze e dei monumenti ove si sono radunati, ma tanto non è servito per disperderli.
Merkel ha intimato al popolo di Germania di non ascoltarli, e anche a Berlino è stata spenta la Porta di Brandeburgo, meta ultima di una manifestazione patriottica. Il ministro della Giustizia, Heiko Maas, in pieno stile democratico, ha intimato già martedì scorso, che «c’è un limite alla tolleranza rispetto alle opinioni politiche» e pure che «tutti i partiti dovrebbero prendere chiaramente le distanze da queste proteste». Nel simbolo di Pegida c’è un omino che getta nel bidone simboli come svastica, falce e martello, bandiera rossa che copre bandiera nera (antifascismo militante) ed infine la bandiera di Isis.
Pegida è un movimento che si è sviluppato in pochi mesi: in ottobre contava circa 300 persone, le quali hanno manifestato a Dresda contro i conflitti religiosi in Germania e contro l’islamizzazione dell’Occidente. Lutz Bachmann, quarantenne fondatore del movimento e cittadino di Dresda non è mai stato inquadrato in un partito politico. Le manifestazioni da lui organizzate hanno sempre avuto come regola base la non-violenza, a cui si aggiunge il divieto di bere alcol ed esporre simboli politici durante i cortei. L’unica bandiera concessa è quella tedesca.
Anche a Colonia e nella capitale le manifestazioni non si sono fatte attendere, ma le risposte delle amministrazioni cittadine fanno rabbrividire.
Come dicevamo sopra, le luci di alcuni tra i monumenti più simbolici della Germania, come la Porta di Brandeburgo a Berlino o la enorme cattedrale di Colonia, sono state spente a dimostrare contrarierà alle manifestazioni del movimento Pegida. La contrarietà di chi? La contrarietà di chi non ha il diritto di spegnere le luci dei monumenti, la cui energia elettrica è pagata da tutti i cittadini contribuenti. Cittadini tutti che hanno il diritto di manifestare secondo il loro credo e senza discriminazioni, come recitano le carte costituzionali e i trattati europei. Questi diritti sono garantiti con enfasi e retorica, ma solo finché le manifestazioni non intralcino il disastroso piano politico economico (anzi, economico economico) della Unione delle agenzie creditizie, leggi Unione europea.
A dicembre era stata oscurata l’opera di Dresda, dove è nato Pegida, ma molte altre amministrazioni cittadine hanno spento le luci contro le manifestazioni organizzate ogni lunedì dal movimento.
Il decano della cattedrale di Colonia, Norbert Feldhoff, è stato il primo signore ad annunciare pomposamente che avrebbe spento le luci, facendo di possibilità materiale (lo spegnimento) un diritto. A Berlino, oltre la Porta di Brandeburgo hanno spento la Torre della televisione e la Colonna della vittoria. Alle manifestazioni contro Pegida hanno partecipato 5mila persone a Stoccarda, quasi mille ad Amburgo, nonché quasi 800 a Rostock.
Il patriottismo da sempre non va d’accordo con la demo(pluto)crazia.
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