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L’Europa si slega finalmente dall’alleanza con gli Stati Uniti?

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Parliamoci chiaramente, molti di noi non si sono stupiti quando è fuoriuscita per la prima volta la notizia del Datagate.

Già potevamo infatti immaginare che la superpotenza d’oltreoceano avesse trovato un escamotage per tenere “a bada” i propri alleati europei, e la messa a nudo di questa scomoda verità, oltre che far imbestialire, deve far riflettere l’intero Vecchio Continente per le future strategie geopolitiche da adottare.

Il Datagate non è un fulmine a ciel sereno, come molti vorrebbero far credere, ma è bensì la ciliegina sulla torta di anni e anni costellati da scelte unilaterali e atteggiamenti dittatoriali. Fin dal termine del Secondo Conflitto Mondiale gli Stati Uniti hanno puntellato l’Europa di basi militari, il cui obiettivo dichiarato era la difesa da eventuali offensive sovietiche. Ora però l’Urss non esiste più, eppure le basi sono ancora qua, ad occupare il “sacro” suolo europeo; c’è molta differenza dunque tra occupare con propri contingenti il territorio “alleato” e controllare a tappeto le conversazioni degli stessi governi?

A parer nostro non c’è differenza, anzi la seconda azione potrebbe essere logica conseguenza della prima. Il problema ora da analizzare è invece capire se questo tipo di alleanza completamente squilibrata verso Washington (ricordiamo quando Nixon nel 1971, senza consultare nessun governante europeo, dichiarò l’inconvertibilità del dollaro in oro, lasciando il resto del mondo allo sbaraglio) possa ancora giovarci o meno.

L’alleanza con gli Stati Uniti, soprattutto dopo il crollo del Muro di Berlino, si è rilevata costosa oltre che dannosa, dal  momento che siamo stati trascinati in numerosi conflitti, Afghanistan e Iraq tra tutti, che poco o nulla ci interessavano da un punto di vista geopolitco. Anzi l’aggressivo rapporto instaurato con il mondo arabo mette a serio rischio il nostro territorio, ben più vicino di quello dei nostri amati americani, comodamente seduti in poltrona a migliaia di chilometri. Senza contare i proventi energetici perduti dopo l’uccisione di Gheddafi, che si era rilevato un utilissimo partner commerciale.

Tuttavia se per lo meno dietro a tutto questo si nascondesse il tanto gridato progetto di portare pace e prosperità al mondo, allora, forse, potremmo rimanere sulla nostra posizione. Pare però che la realtà sia ben lungi da quanto scritto, dato che in Iraq imperversa una sanguinosissima guerra civile tra sunniti e sciiti, in una nazione che aveva vissuto per diversi anni in pace prima dell’arrivo Usa; in Afghanistan la situazione è drammatica, lo Stato praticamente non esiste e la popolazione è oppressa dai signori della guerra (violenti trafficanti di droga stipendiati dalle potenze occidentali in opposizione ai talebani); la penisola balcanica è anch’essa un coacervo di micro nazionalismi, dove gli Stati Uniti vogliono far diventare nazioni quelle che a malapena possono dirsi piccole città.

Dall’altra parte del mappamondo c’è la Russia, uno Stato forte e in crescita ricco di risorse energetiche e più propenso alla filosofia del “vivi e lascia vivere”, ben lontana dall’american dream. E’ forse giunto il momento di rivedere la nostra strategia geopolitca?

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Redazione Elzeviro.eu

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