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Obama fa la guerra e poi ci obbliga a sminare la Libia

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E’ purtroppo usanza reiterata considerare la nostra penisola, ormai dai tempi della caduta dell’Impero Romano, come una sorta di feudo di conquista o di passaggio a seconda dei casi e delle necessità.

Così ci hanno considerato spagnoli e austriaci nel momento del loro “splendore“, così hanno fatto i rivoluzionari francesi, e anche gli inglesi hanno avuto l’insana idea arrivando addirittura a denominare il Mare Mediterraneo come un British Lake; ed ora gli statunitensi, da ormai sessant’anni, hanno assunto quell’atteggiamento paternalista e allo stesso tempo egemonico nei confronti del nostro territorio.

Scemi noi che nelle fretta di avere una garanzia di difesa nei confronti dell’Urss non abbiamo minimamente pensato a ciò che sarebbe accaduto in seguito ad un’eventuale fine della Guerra Fredda, ovvero la mancata libertà di poter sviluppare una politica estera autonoma e un continuo asservimento a dettami provenienti da organizzazioni transazionali che in realtà agivano per conto statunitense (vedi Nato).

Ecco che arriva più arrogante che mai la richiesta da parte del presidente Obama di calarci nel ruolo più difficile ed intricato di un conflitto moderno: lo sminamento e la demilitarizzazione della zona libica. Un’operazione difficilissima che come nel caso iracheno può portare con sé strascichi per diversi anni, con conseguenti perdite nelle nostre armate (ne abbiamo già avute fin  troppe).

L’Italia ha partecipato al conflitto libico unicamente per il suo essere membro del Patto Atlantico, altrimenti se ne sarebbe stata allegramente a contar le onde del mare, dato che la situazione pre conflitto (con la solida alleanza Berlusconi-Gheddafi) garantiva un profittevole scambio di risorse tra i due paesi, in particolare un’afflusso di materiale energetico per noi. Il conflitto ha invece sconvolto gli equilibri, dando la possibilità alle multinazionali francesi e americane di accaparrarsi i ricchi giacimenti libici, con la classica scusa della “liberale” apertura dei mercati.

Dunque non solo abbiamo perso la nostra “fetta di torta“, ma ora ci tocca pure ripulire il territorio da armi sulle quali probabilmente si può leggere la scritta “Made in U.S.A

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Redazione Elzeviro.eu

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