Economia e finanza

I pompieri in piazza contro Macron: la Francia sta per esplodere

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A distanza di un anno dalla rivolta dei gilets jaunes alle quali si sommano le proteste per la riforma delle pensioni ieri dalla Francia sono arrivate le immagini degli scontri tra Polizia e Vigili del Fuoco.

di Giuseppe Masala

Ormai la Francia è a un passo dalla rivolta permanente e credo che Macron sia ancora in carica solo grazie alla fedeltà dei gendarmi e delle forze armate.

E’ evidente però

che il potentissimo stato-apparato francese è in forte fibrillazione a causa delle misure imposte da Macron. Misure, inutile stare a girarci attorno, dovute alla struttura dell’Europa: la Francia ha un fortissimo disavanzo delle Partite Correnti e un Niip negativo per oltre il 20% del proprio Pil.

Dentro la Moneta Unica, in assenza di redistribuzione per assenza di Politiche Fiscali comuni, questo significa obbligare gli stati nazionali a potenti manovre di austerità aggravate peraltro dal continuo dumping fiscale e industriale dei paesi core.

Pensiamo alla Francia per fare un esempio:

che senso ha introdurre austerity per migliorare il saldo delle partite correnti e poi vedere che il nuovo conglomerato Peugeot-FCA andrà a pagare le tasse in Olanda annullando i benefici dell’austerity sulle Partite Correnti a causa dei continui peggioramenti dovuti alla fuga di capitali attratti dal dumping in questo caso olandese? Significa in sostanza dire ai francesi: fate la fame per ingrassare gli olandesi. Noi italiani questa situazione invereconda la conosciamo da 20 anni. Non può andare così.

E siccome i paesi del Nord Europa non ci pensano per nulla a fare politiche di bilancio comuni è bene prenderne atto. Si ritorni allo stato pre Maastricht dove sopravvive solo il Mercato Unico. Al limite l’Euro rimanga come moneta dei paesi della cosiddetta ex area marco. In caso contrario la situazione non potrà che peggiorare fino alla deflagrazione finale, chissà, forse proprio dopo le prossime presidenziali francesi.

Ora c’è la Brexit con il suo periodo di transizione di undici mesi e se non ci sarà un accordo commerciale tra Bruxelles e Londra la prossima a saltare sarà Dublino (ricordo che l’Irlanda fa il 90% delle sue esportazioni verso la Gran Bretagna). Come birilli saltano tutti. Balliamo sull’orlo del burrone.

 

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Redazione Elzeviro.eu

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