In realtà secondo le alchimie degli economisti del FMI (e segnatamente della sua capo economista Gita Gobinath) l’IVA può essere la chiave di volta con la quale si reintroducono – per via fiscale – le svalutazioni monetarie competitive.
Tema come si può capire di cruciale importanza all’interno della zona euro dove, per ovvie ragioni (l’introduzione della moneta unica), questo strumento è stato sterilizzato. Inutile sottolineare peraltro che nell’area, stante la mancanza di trasferimenti tra stati, sono di cruciale importanza gli squilibri di bilancia commerciale all’interno dell’area monetaria.
aumentando l’IVA ma contemporaneamente abbassando o il cuneo fiscale sul lavoro o abbassando altre tasse alle imprese si riesce ad evitare un aumento di prezzo dei beni. Il vantaggio sarebbe nel fatto che i beni importati invece, essendo prodotti in altri stati e dunque non usufruendo dell’abbassamento delle imposte sulla imprese, verrebbero colpiti in pieno dall’aumento dell’IVA. L’effetto finale dunque sarebbe l’aumento della competitività per i prodotti nazionali rispetto a quelli importati.
In apparenza perché abbiamo già visto come tutti gli stati sono attentissimi a difendersi da aiuti di stato siano essi diretti, o siano indiretti attraverso la leva fiscale. Basti pensare ai dazi appena annunciati da Trump su beni europei in risposta a presunti aiuti di stato a vantaggio dell’azienda aerospaziale Airbus.
Non meglio andrebbero le cose all’interno dell’area euro: se uno stato realizzasse questa manovra indiretta di “politica monetaria” non tarderebbero ad arrivare le contromisure degli altri stati membri. E alla fine a vincere sarebbe ovviamente chi ha margini di bilancio dello stato tali da garantire i maggiori tagli delle imposte alle proprie imprese produttrici. Per dirla con le parole del centravanti inglese Gary Lineker:
Il calcio è un gioco semplice: 22 uomini rincorrono un pallone per 90 minuti, e alla fine la Germania vince.
Così, allo stesso modo, una svalutazione competitiva tramite aumento dell’IVA è un gioco semplice e alla fine vince la Germania.
– non a caso, un paese in forte squilibrio di bilancia commerciale – che infatti ha aumentato l’aliquota più alta dell’IVA ma contemporaneamente ha concesso 20 miliardi di crediti fiscali.
Se la manovra avesse gli effetti sperati (ma non dichiarati pubblicamente) è evidente che altre nazioni dell’area euro (tra le quali l’Italia) potrebbero essere costrette a rispondere.
Questa forma di Colbertismo competitivo (nel senso di vero e proprio dirigismo statale al fine di influenzare i prezzi e poter così competere meglio nell’area della moneta comune) alla fine potrebbe risolversi in un gioco a somma zero tra stati ma in un’ennesima gelata per i consumi della zona euro. Un altro fattore di crisi da non sottovalutare.
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