Siamo giunti al termine di una settimana dal termometro politico decisamente rovente. L’elezione di Ursula Von Der Leyen, epsressione del massimo rigorismo germanico, a capo della Commissione Ue ha infatti aperto la più grave crisi di Governo in Italia dall’insediamento dei gialloverdi a Palazzo Chigi.
che il Movimento 5 Stelle ha espresso per il delfino di Angela Merkel, contribuendo cosi in maniera decisiva alla sua nomina come vertice del potere esecutivo europeo. La tensione è esplosa definitivamente nella giornata di giovedì, quando il vicepremier italiano Matteo Salvini, ha pubblicato una serie di post Facebook al veleno contro l’alleato di Governo.
Dall’altra parte, il Movimento 5 Stelle si è difeso svelando la presunta esistenza di un accordo comune per l’elezione di Ursula Von Der Leyen, in cambio di una poltrona di peso all’interno della Commissione. A chiarire la questione è un interessante articolo de Il Fatto Quotidiano.In esso si legge come la Lega avesse si accettato di votare per la candidata tedesca, ma a patto che il Partito popolare garantisse il sostegno per l’elezione di un commissario leghista (Giancarlo Giorgetti?).
Il voto contrario della Lega per Ursula dimostra come tale garanzia non sia stata infine concessa. Tale episodio dimostra quindi come i due partiti alleati di Governo in Italia, agiscano in Europa in maniera tutt’altro che coordinata.
Considerato il largo divario alle recenti elezioni europee tra Lega e 5 stelle, non sarebbe stato possibile pensare ad uno scenario diverso da quello di un commissario in quota Carroccio. Ecco dunque che la votazione degli europarlamentari grillini appare del tutto inspiegabile rispetto ad una logica di difesa dell’interesse nazionale, ma sembra unicamente assimilabile al tentativo, disperato, di scavalcare i colleghi leghisti nelle gerarchie del Parlamento europeo. Un gesto che appare tuttavia come un incredibile autogol elettorale.
La preferenza per Ursula Von Der Leyen da parte dei 5 Stelle, ma soprattutto la giustificazione adottata a difesa di questa strategia, sembra quanto di più lontano possibile rispetto alle istanze degli elettori grillini. Non è molto azzeccato infatti rivendicare una scelta politica discutibile, giustificandola come necessità in vista di accordi sottobanco e dietro le quinte, per un movimento che ha fatto della trasparenza, dell’onestà e della democrazia alcuni dei suoi cavalli di battaglia più importanti.
è stato infatti uno dei comportamenti politici più stigmatizzati dalla base del Movimento e ora la scelta degli europarlamentari grillini pare essere pienamente riconducibile a questa colorita definizione. Come potrà ora reagire la base elettorale dopo che i suoi rappresentanti hanno votato per la preferita di Angela Merkel, una pro austerity, in cambio di una non meglio definita “poltrona”? A sommarsi ai grattacapi del Movimento 5 Stelle ci pensa poi la trattativa per la futura proprietà di Alitalia.
il suo partner per l’acquisizione della società aeronautica: Atlantia. Trattasi della controllato della famiglia Benetton, finita nell’occhio del ciclone dopo la tragedia del Ponte Morandi. Ci si aspetterebbe quindi che il vicepremier Luigi Di Maio, dopo aver definito la stessa Atlantia come “azienda decotta”, sostenendo addirittura che avrebbe “fatto cadere gli aerei”, dia un netto parere negativo sulla presenza dei Benetton in Alitalia. E invece secondo Di Maio la presenza di Atlantia in questo caso sarebbe “un grande risultato”.
Come nel caso Ursula, anche su questo dossier i 5 Stelle sembrano aver perso completamente la bussola e il voltafaccia all’elettorato sembra servito in maniera ancora più sfacciata. Come interpretare dunque comportamenti che travalicano i limiti del più bieco opportunismo? La risposta forse è da cercare nel retroterra culturale e ideologico del Movimento stesso.
Il Movimento 5 Stelle ha infatti la peculiarità di “non essere né di destra né di sinistra”. Il problema sorgerebbe quindi dal fatto che i suoi esponenti non sono riusciti a trovare una sintesi delle due maggiori correnti di pensiero del ‘900, ma hanno semplicemente messo una in fila all’altra alcune delle istanze, anche contraddittorie, di entrambe le parti.
onnicomprensiva di una precisa idea di mondo. I grillini sono ambientalisti, ma a favore dell’introduzione del 5G. Vogliono maggiore trasparenza e democrazia nelle decisioni politiche, affidandosi tuttavia a piattaforme digitali spesso gestite da enti privati (come la stessa Casaleggio Associati). Chiedono maggior peso della politica sull’economia, ma reclamano allo stesso tempo una drastica riduzione del numero dei politici. Si dichiarano terzomondisti, ma vivono della stessa mistica della corruzione che anima le menti dei tecnici del Fondo Monetario internazionale nei loro programmi di austerità ai danni del Terzo Mondo.
Il Movimento 5 Stelle è il pentolone dove sono stati messi dentro in ordine casuale ingredienti pronti a mostrare tutto il loro contrasto adesso, nel momento in cui il piatto del potere è in procinto di essere mangiato.
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