Non trova pace l’ex colonia italiana. Nonostante alcuni sforzi diplomatici da parte della comunità internazionale, sembra che il destino del Paese sia ormai segnato da odi tribali, sapientemente manovrati da forze politiche esterne.
(Nel video l’ingente dispiegamento di forze del Generale Haftar)
Con un audio diffuso su Facebook lo scorso mercoledì sera, Haftar ha dato il via ad un’operazione militare che avrebbe come epicentro Tripoli.
Eccoci, Tripoli. Eccoci, Tripoli. Eroi, l’ora è suonata, è venuto il momento
Così scandisce in arabo il Generale che dalla Cirenaica ha ormai sconfinato nel Fezzan prima e in Tripolitania ora. Si preannuncia una vera e propria battaglia, visto che le milizie di Tripoli (a cui Al Serraj fa affidamento con alterne fortune) hanno dichiarato di essere pronte “a respingere qualsiasi attacco che arrivi da fuori la città”.
Sulle modalità e sulle tempistiche di questo scontro pesa come un macigno l’annunciata Conferenza nazionale di Ghadames, organizzata dalle Nazioni Unite, che fra 10 giorni avrebbe dovuto riunire tutti i principali attori libici per stilare il calendario delle elezioni. Ora occorre comprendere se Haftar intenda semplicemente conquistare un po’ di terreno in vista dell’appuntamento per poter dettarne le condizioni. Oppure se si tratti di una vera offensiva per scardinare Al Serraj da Tripoli.
Se si trattasse del secondo caso, sarebbe più che lecito pensare nella longa manus francese dietro a questa operazione. La Conferenza nazionale sotto l’egida Onu rappresentava infatti la prosecuzione naturale del percorso diplomatico lanciato dall’Italia a Palermo nel novembre scorso. Far fallire questo appuntamento significherebbe ridimensionare notevolmente la presenza italiana in vista del futuro assetto politico della Libia.
Sembra inutile ripetersi, ma ancora una volta la politica estera italiana risulta compromessa dalle scelte scellerate compiute in passato. Prima con l’incapacità di fermare e denunciare il folle piano di Nicolas Sarkozy e di Hillary Clinton per uccidere Gheddafi. Poi con la concessione a capo chino delle basi militari per effettuare bombardamenti su un Paese a noi alleato. Infine schierandosi con la persona sbagliata (Al Serraj) nel convulso periodo di ricostruzione post conflitto.
di Redazione
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