Se per successo si intende omologazione, monotonia e commercializzazione della musica, allora X-Factor è il programma da non perdere.
Di Giulia Valentini
La trasmissione che sin dalle prime edizioni sembrava destinata ad incantare gli spettatori grazie alle voci dei suoi concorrenti, con il passare degli anni ha perso sempre più quel velo di magia che ci teneva incollati allo schermo.
Certo, non si può nascondere che le nuove generazioni abbiano quasi dimenticato l’esistenza della televisione, per merito (o causa) della presenza sempre più dominante delle serie tv di Netflix e Amazon. Ma siamo certi che questo sia sufficiente a comprendere la decisione dei produttori di X-Factor di snaturare le personalità dei cantanti?
Il sospetto della manipolazione
Mika durante la prima puntata dei live ha tuonato:
Non ascoltate quei pezzi di m**da dentro le vostre orecchiette, buttate quei cosi e seguite il vostro cuore.
Affermazione complicata da mettere in secondo piano e che sembra determinata a denunaciare una totale manipolazione da parte dei produttori: quasi come se fosse già tutto scritto a tavolino. Un sospetto corroborato dalle molteplici occasioni in cui, negli ultimi 5 anni, i cantanti hanno deciso di lasciare il programma a causa di presunte – e paradossali – limitazioni alla loro libertà creativa.
Giudici funzionali
Non c’è dubbio che sia stato furbo nominare giudice Sfera Ebbasta, in un periodo storico in cui la musica ormai è dominata da trap Auto-Tune e Mash-up; una scelta che a livello di audience certamente solleverà le visualizzazioni. Così come è stato altrettanto furbo mantenere Mara Maionchi, la quale, con i suoi continui errori grammaticali e le sue lacune sui pilastri della musica mondiale, rappresenta una garanzia di spettacolo.
Ma è davvero così necessario imbastire una soap opera in un programma televisivo nato per far emergere nuove promesse? Perchè censurare in modo così eclatante la spontaneità? La ratio della trasmissione dovrebbe essere quella di guidare il talento, non di manipolarlo in base alla playlist della settimana su Spotify.
Click o emozioni?
Fatte queste premesse pertanto, la domanda che dobbiamo porci è: quanto conta davvero la musica al giorno d’oggi? E’ opportuno chiederselo perchè la sensazione sempre più difficile da confutare ormai, è che il requisito della connessione stia finendo per oscurare la purezza della manifestazione artistica: come se, nel mondo moderno, una bella voce o un semplice accordo di chitarra non potessero più competere con un paio di click.
X-factor é diventato lo specchio di una società in cui a nessuno importa più cosa sia in grado di emozionare, cosa sappia colpire l’anima; è la cartina di tornasole di una società che, al contrario, guarda la copertine ignorando il contenuto del libro; è un reality show nato – forse – con i migliori propositi, ma che ora ritiene una ‘carota’ capace di fare più audience di una voce toccante.