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La sfida umana del Coronavirus

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È da diverso tempo che riflettiamo sulla difficile situazione che tutti noi stiamo vivendo e volevamo condividere con voi le conclusioni a cui siamo giunti.

di Matteo Gabiano

Chi scrive è fermamente convinto che l’uomo sia per natura un essere profondamente fragile: abbiamo la fortuna di provare delle emozioni molto intense e complesse, possiamo piangere, siamo mortali e, aspetto ancor più emblematico, siamo impotenti dinnanzi all’azione di un’entità microscopica come un virus.

Ora mi chiedo:

e se l’emergenza COVID-19 ci stesse in realtà insegnando ad accettare la nostra fragilità?
Per quanto sconosciuta fosse la natura del virus, temiamo infatti che, almeno inizialmente, abbiamo tentato di affrontare il problema tendendo a rispecchiarci troppo nell’ormai radicata cultura del superuomo.

Sì, stiamo proprio alludendo a quegli assunti sociali che spesso elevano l’uomo forte e imperturbabile, l’uomo che non può mostrare le proprie insicurezze e, meno che mai, la propria paura di ammalarsi, pur di non risultare ipocondriaco, ridicolo e debole agli occhi del prossimo.

Sino a qualche settimana fa

abbiamo colto tutto ciò in tanti atteggiamenti nostri e altrui e in tante, troppe, dichiarazioni pubbliche, aspetto che, a nostro avviso, ci ha portati a fare un passo in avanti piuttosto che indietro, a sottostimare alcuni evidenti segnali d’allarme e ad accentuare le difficoltà dello scenario odierno.

Ora, però, al di là di alcuni casi, ci sembra che qualcosa stia lentamente ma inesorabilmente cambiando: stiamo capendo sempre di più come la nostra fragilità e la nostra “ridicola” ansia siano proprio ciò che ci sta permettendo di sopravvivere, proprio ciò che ci sta dando la forza per avere quell’attenzione in più per il bene nostro, dei nostri cari e dell’intera comunità.

In altre parole, la nostra fragilità ci sta unendo, mettendo a nudo quella che, secondo noi, è la nostra vera natura. Ma non è finita qui. Già, perché ci stiamo finalmente dando il permesso di mettere al contempo a nudo i difetti di una società che era eccessivamente improntata sulla velocità, l’obiettivo, la selezione del più bravo e furbo, la forma e il conformismo.

La lezione che stiamo imparando

è che dobbiamo piuttosto tenerci stretti le azioni, le emozioni e le paure che ci accompagnano ogni giorno verso il raggiungimento dei nostri traguardi e sogni, i rapporti umani, i sentimenti, l’umiltà di fronte all’ignoto, la solidarietà nei confronti del prossimo e il valore della libertà che tanto davamo per scontato e che ora più che mai desideriamo con tutto noi stessi.

Non c’è tempo per altro: questo è quello che per chi scrive conta veramente.
Ora che abbiamo finalmente tempo per fermarci a riflettere, tra un lavoro, una videochiamata e una partita alla play station, questa è la conclusione a cui siamo giunti.

 

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Di Redazione Elzeviro.eu

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